di R. Gaudiano
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Le Verità recensione] - Esistono personaggi intramontabili, attrici di cinema e di teatro, vere e proprie icone, che ormai hanno fatto del loro divismo un abito incollato sul proprio corpo. Una di queste è Fabienne Daugeville (Catherine Deneuve), attrice di cinema francese sempre impegnata sul set, che ha appena pubblicato un libro autobiografico. Per l'occasione sua figlia Lumir (Juliette Binoche), sceneggiatrice, che ormai vive a New York, torna a Parigi con il marito Hank (Ethan Awke) e la piccola figlia Charlotte (Clémentine Grenier). Lumir, Hank e Charlotte quando arrivano nella bellissima casa della madre sono accolti dall'impeccabile maggiordomo Luc (Alain Libolt), persona ormai talmente scontata dall'austera Fabienne da non farne nemmeno menzione nel suo libro autobiografico. Kore-Eda Hirokazu, qui regista, sceneggiatore ed anche montatore, con "Le Verità", ritorna a guardare, come in "Affari di famiglia" i legami che gestiscono i rapporti tra persone consanguinee, ma anche tra quelle legate da sentimenti d'amicizia profonda o di fedeltà lavorativa, come nel caso del maggiordomo Luc. La grande casa di Fabienne è uno spazio carico di cose bellissime, di ricordi, di angoli suggestivi che la mdp del cineasta scruta con abilissimo occhio indagatore per cogliere quell'alone di affetto impalpabile, ma esistente. L'autunno è alle porte e nel giardino che circonda la casa iniziano a cadere le foglie, mentre un'aria di dolce malinconia la avvolge di un immobilismo d'attesa. Lumir, si trova gioco forza a fare i conti con il sofferto legame materno. Fabienne, donna dura ed egoista, ha sempre messo al primo posto la propria professione, donna e madre sempre parca negli slanci affettivi soprattutto verso sua figlia Lumir. Kore-Eda con grande abilità scenica e sorprendente dialogica, scioglie i nodi degli animi sofferenti delle due donne, l'una per non aver saputo dare amore e l'altra per non averlo ricevuto. Il dialogo diretto tra madre e figlia assume i connotati di un confronto durissimo e punitivo. In quella bellissima casa, luogo di regolamento di esistenze infelici, due donne, madre e figlia, fanno i conti con un passato doloroso, che trasuda di non detti, gelosie nascoste, fantasmi ancora presenti. Kore-Eda stupisce per l'acutezza raffinata nel saper cogliere un malessere dell'anima che gestisce la giostra malsana dei rapporti affettivi. "Le verità", film d'apertura alla Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia 2019, mette in scena l'inconsolabile realtà di un rapporto filiale fallito, con una narrazione squisitamente classica, che si allunga e a tratti si complica, mentre due icone del cinema francese, due mostri di bravura, cedono i loro volti alla mdp di Kore-Eda, che li trasforma in maschere di sentimenti repressi e frustrati. L'azione si dissolve in una serie di attese, di rimproveri, di rimpianti. La mdp in quello spazio dorato e rassicurante si muove come un occhio comune, diventa un'incarnazione dello sguardo umano, limitato ed interrogativo ed il cineasta giapponese mostra il suo cinema europeo, con le sue immagini, ancora una volta cinema straordinario.
(La recensione del film "
Le Verità" è di
Rosalinda Gaudiano)
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