La recensione del film Ladri di biciclette di Vittorio De Sica

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Trama

LADRI DI BICICLETTE di Vittorio De Sica

Ladri di biciclette Recensione
Roma nel dopoguerra. Il disoccupato Antonio (Maggiorani) ottiene un posto di attacchino, in cui è necessario l'uso della bicicletta. Sua moglie porta la biancheria al Monte di pietà per disimpegnare il mezzo, strumento indispensabile per il nuovo lavoro. Mentre sta incollando un manifesto cinematografico, gli rubano la bicicletta. È disperato. Per strada riconosce il vecchio che faceva da palo al ladro, ma l'uomo non lo aiuta. Trova anche il ladro, ma è costretto a fuggire per non essere malmenato. Durante la domenica, giunto nei pressi dello stadio, decide di rubare una bicicleletta. Viene subito bloccato ed aggredito dalla folla, ma viene lasciato libero davanti alle lacrime del figlio Bruno (Staiola) che commuovono le persone.
Idea Centrale
La solitudine di un uomo in una situazione di precarietà lavorativa e una lucida e profonda analisi della dura realtà italiana degli anni del dopoguerra.
Analisi
Tratto dal romanzo omonimo di Luigi Bartolini, rielaborato nella sceneggiatura da Cesare Zavattini, è una delle opere migliori del neorealismo italiano. La trama del film può sembrare banale ma vengono messi in risalto, in modo straordinario, la poetica del quotidiano in un mondo di miserie e di problemi mai risolti e l'amore per i personaggi che qui diventa vero senso di pietà.
Note e curiosità
II film ottenne numerosi premi e portò a De Sica il suo secondo Oscar (dopo Sciuscià), dimostrando quanto fosse vincente la sua scelta di utilizzare attori non professionisti. Comparsa di un irriconoscibile e giovanissimo Sergio Leone nella parte di un seminarista. (Da "201 film capolavoro secondo la critica" di Gaetano Sandri)


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