La recensione del film La vita in un attimo

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LA VITA IN UN ATTIMO - RECENSIONE

La vita in un attimo recensione
Recensione

di Mirko Nottoli
[La vita in un attimo recensione] - C'è solo un motivo per cui siamo andati a vedere La vita in un attimo: Oscar Isaac, nostro personalissimo eroe dai tempi di A proposito di Davis. Non ci fosse stato lui, mai e poi mai avremmo visto un film che fin dal manifesto grida a squarciagola la sua appartenenza orgogliosa al genere melodrammone zuccheroso e portasfiga, infarcito per di più da pippe intellettualoidi che, considerato il contesto, ci stanno come i classici cavoli a merenda. La vita in un attimo ma meglio si sarebbe intitolato La morte in un attimo, vista la quantità e la frequenza di decessi che si susseguono in nemmeno due ore di durata: tra incidenti stradali, suicidi, vecchiaia e cancri, hanno più possibilità di salvarsi i vietcong alle prese con Rambo che qualsiasi personaggio che abbia la sventura di trovarsi impelagato in questa vicenda. Tre storie, strettamente intrecciate, ad alto tasso di improbabilità e pacchianeria: Oscar Isaac che canta Bob Dylan dentro Starbucks, Olivia Wilde che racconta la sua tesi di laurea sparando una serie di infinite banalità mentre lui la guarda estasiato come se avesse davanti Einstein; un bambino che non riesce a dormire a causa di un trauma infantile che capirebbe anche uno studente al primo anno di psicologia ma che nessuno riesce a curare eccetto lo specialista più costoso dell'universo; Banderas che racconta una storia totalmente assurda sul padre che tiene prigioniera la madre in Italia e la madre che approfitta dell'assenza del marito per farsi spedire dalla Spagna dell'olio (sic.); una volta morti i genitori, Banderas incassa l'eredità, torna in Spagna e compra un appezzamento di terra dove produce l'olio che piaceva alla mamma. La racconta così, sorseggiando un bicchiere di vino davanti alla finestra e declamandola come fosse Shakespeare, non capacitandosi infine di come tale racconto non abbia destato l'ammirazione degli astanti nei suoi confronti. Ma il peggio non è questo. Il romanticismo farlocco, spudoratamente melenso e drammatico (che a onor del vero riesce a confezionare anche qualche parentesi riuscita), non sarebbe nulla se non fosse ammantato di pretenziosità teoriche-linguistiche sui meccanismi del racconto e su quello che viene chiamato, con enfasi eccessiva e inopportuna, il "narratore inaffidabile". Teorie che si esplicano in concreto nell'intervento della voce off che ad ogni svolta pontifica, commenta, filosofeggia sulla veridicità di quanto ci viene narrato e con fare saccente e dimostrativo interrompe il fluire del racconto, cambia la prospettiva, segue false piste, scambia realtà e fantasia; all'inizio compare perfino Samuel L. Jackson nel ruolo appunto del narratore inaffidabile che blatera cialtronerie prive di senso e dopo 5 minuti lo si vorrebbe già strangolare, per insegnarci alla fine dei giochi che cosa? Che la vita è imprevedibile? Che la vita ti sorprende sempre? Che la vita ti mette in ginocchio ma poi ci si deve rialzare? E stikazzi?!? (La recensione del film "La vita in un attimo" è di Mirko Nottoli)
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