La recensione del film La vita di Adele

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LA VITA DI ADELE - RECENSIONE

La vita di Adele recensione
Recensione

di Francesca Tiberi
[La vita di Adele recensione] - A diciassette anni Adèle crede che l' unica declinazione dell'amore sia quella tramandata dalla Bibba, ma le sue convinzioni saranno divelte da Emma, una pittrice dai capelli blu, con la quale intreccerà un rapporto d'amore molto profondo. Ne "La vita di Adele. Capitoli 1 e 2", vincitore della Palma d'Oro a Cannes, Abdellatif Kechiche racconta con un linguaggio poetico e raffinato l'ordinarietà sociale che l'amore omosessuale ha ormai acquisito e, allo stesso tempo, la straordinarietà di un rapporto d'amore che è riconosciuto come unico da coloro che ne sono coinvolti. Il film di Kechiche però non è solo questo, si tratta infatti di un romanzo di formazione vero e proprio, che rielabora il genere in chiave moderna, affrontando, senza appigliarsi stereotipi né ostentazioni, il tema dell'amore tra due donne. Proprio la mancanza di ostentazione è il punto di forza di questa pellicola, in cui le esperienze sentimentali della protagonista sono rappresentate come una ricerca certamente di affetto, ma ancor prima di se stessa, in una fase, come quella adolescenziale e della prima giovinezza, in cui sono sempre più diffuse esperienze con persone dello stesso sesso. Non è quindi sull'attrazione tra due donne che la camera di Kechiche indaga, ma sulla ricerca della parte mancante e sulla fame di conoscenza placata da una persona con più esperienza – Adèle si avvicina alla filosofia e si immerge nel mondo dell'arte, tanto da diventare lei stessa fonte di ispirazione per le tele della sua compagna -. Il regista, per mostrare l'approccio famelico di Adèle alla vita, sceglie appositamente delle lunghe inquadrature fisse sulla sua bocca. Molto buona anche la scelta di procedere nel racconto per opposti: il film inizia con una scena ambientata a scuola, in cui il professore puntualizza ad una ragazza che il suo essere donna è un dato di fatto. Le interpretazione di Lea Seydoux e Adèle Exarchopoulos sono straordinarie, probabilmente anche per merito del regista, che ha calibrato i ruoli sulle sue interpreti, soprattutto per quanto riguarda la protagonista. Nel finale, che non sveliamo, si riafferma la volontà di tenere l'ostentazione dell'omosessualità al di fuori del discorso, perciò va reso merito a Kechiche di aver creato un canale di comunicazione forte sul tema anche con chi in genere evita l'omosessualità. (La recensione del film "La vita di Adele" è di Francesca Tiberi)
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