La recensione del film La variabile umana

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LA VARIABILE UMANA - RECENSIONE

La variabile umana recensione
Recensione

di Mirko Nottoli
[La variabile umana recensione] - Bruno Oliviero gioca a fare il francese. La variabile umana, almeno nelle intenzioni, sembra un polar alla Olivier Marchal con Silvio Orlando nei panni di Daniel Auteil e l'aggiunta di una massiccia dose d'intimismo tutta italiana (e Battiston chi è, Depardieu?). Ma se i film di genere non sono mai stati il nostro forte una ragione ci sarà. Eppure ritroviamo tutti gli ingredienti che la ricetta richiede: una metropoli notturna battuta dalla pioggia perenne (la Milano dei romanzi di Scerbanenco), un capo della polizia alla deriva, esistenze che sono un condensato di cinismo, criminalità e squallore morale. "Hemingway una volta ha detto: il mondo è un bel posto e vale la pena di lottare per esso. Condivido la seconda parte", queste le parole che Morgan Freeman pronunciava nel finale di Seven. Ma siamo su altri livelli. Al suo esordio in un'opera di fiction Bruno Oliviero ci prova a ispessire, approfondire, drammatizzare, situazioni, caratteri e atmosfere, dando fondo a tutti gli espedienti tecnico-formali disponibili, flashback, ralenty, fuori fuoco, riprese aeree, panorami, dettagli immortalati a tutto schermo. Cerca di dilatare tempi e spazi, prolungando attese e silenzi anche quando una parola in più sarebbe appropriata alla focalizzazione dei fatti. E sono senza dubbio i silenzi, gli sguardi, la tensione palpabile di imbarazzo e reticenza che si instaura tra Silvio Orlando e la figlia e che sembra trattenerli, ogni qualvolta si avvicinano, dall' abbracciarsi, i momenti migliori della pellicola, merito di un interprete che il cinema nostrano relega troppo spesso nei consueti ruoli a cui ci siamo ormai assuefatti (idem per lo straordinario Battiston, eterno comprimario di infiniti film dove è sempre l'amico ciccione, bonario e un po' impacciato). Il problema è che pur partendo da uno spunto di attualità scabroso e ricco di incognite (movida milanese, sesso minorile, alte sfere della società civile coinvolte), La variabile umana invece che procedere dal particolare all'universale , offrendoci uno spaccato veritiero seppur feroce della nostra civiltà, compie il tragitto inverso, riducendo le conseguenze di un male diffuso finalmente scoperchiato ad una vicenda del tutto privata, casuale e circoscritta alle quattro mura domestiche, in cui, come spesso accade, col senno di poi, l'esasperata attenzione alla forma non sembra voler far altro che sopperire alla esiguità dei contenuti. (La recensione del film "La variabile umana" è di Mirko Nottoli)
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