La recensione del film La truffa di Logan

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LA TRUFFA DI LOGAN - RECENSIONE

La truffa di Logan recensione
Recensione

di R. Gaudiano
[La truffa di Logan recensione] - Steven Soderbergh non ha mantenuto la promessa fatta quattro anni fa con la quale annunciava il suo ritiro dalle scene. Il suo grande esordio fu nel 1989 con "Sesso, bugie e videotape", che fu premiato a Cannes con la Palma d'oro. In trent'anni d'attività Soderbergh è riuscito a realizzare film riuscitissimi come "Delitti e segreti", un reinventare la vita di Kafka con un'immaginazione ed una fantasia che si risolvono in puro compiacimento formale. E non dimentichiamo l'intenso e coinvolgente ritratto femminile in "Erin Brockovich". Il suo ritorno sulla scena cinematografica è ora con "La truffa dei Logan", divertente ritratto della provincia americana, che riesce a cogliere la drammaticità latente della vita quotidiana attraverso la caratterizzazione della famiglia Logan, pare baciata in fronte da una incredibile sfortuna. Soderbergh è stato letteralmente rapito dalla lettura della sceneggiatura del film scritta da Rebecca Blunt, ed ha così accettato di candidarsi alla regia. I Fratelli Jimmy (Channig Tatum) e Clayde Logan (Adam Driver), il primo claudicante, separato dalla moglie e padre di una bambina ed il secondo, single e monco da un braccio perché reduce dalla guerra in Iraq, decidono di mettere a segno una rapina per venir fuori da uno stato d'indigenza economica famigliare. Chi mai accuserebbe, per l'appunto, due storpi come gli artefici di una colossale rapina? Da questa supposizione parte la certezza che i delinquenti dilettanti riusciranno a farla franca. La mente di questo ambizioso progetto è Jimmy, furbo e scaltro che per la sicura riuscita del piano decide di reclutare nella banda Joe Bang (Daniel Craig), bizzarro esperto in esplosivi. Dentro c'è anche Mellie (Riley Keough), sorella di Jimmy e Clayde, che sbarca il lunario come parrucchiera. La rapina è alla Charlotte Motor Speedway, durante la leggendaria gara di auto Coca-Cola 600. Soderbergh sa il fatto suo nel presentare una storia farsesca, ricca di colpi scena mai banali, in cui due fratelli che non hanno mai avuto nessun problema con la giustizia riescono a trasformarsi gloriosamente in criminali rapinando un'organizzazione gigantesca come la NASCAR. La singolare banda è costituita da persone sgraziate al limite del ridicolo, che sono veramente fuori dalla realtà e questo particolare restituisce al film una velata comicità sui generis, di intelligente ed arguto divertimento. Jimmy, Clayde e Mellie Logan rappresentano tout court l'humus culturale e sociale dell'americano di provincia che sa benissimo che per cambiare la propria esistenza deve necessariamente osare in qualcosa al di fuori dal comune. E su questa messa a fuoco delle vicissitudini non ottimali della famiglia Logan, il cineasta americano riesce alla grande a porgere al pubblico, attraverso un modello di famiglia della provincia rurale americana, una denuncia schietta e decisa contro un sistema, quello americano, che calcando sempre più la mano su una politica conservativa, afferma il gap sulla sperequazione economica che persevera in territorio americano. Se vogliamo, "La truffa dei Logan" è una piacevole opportunità per Steven Soderbergh di raccontare una realtà abbrutente di una desolata provincia statunitense, attraverso personaggi caratterizzati alla perfezione, dal compassato ma autorevole Jimmy, al taciturno Clayde e la sciampista Mellie, dallo sguardo carico di potenza comunicativa, provetta pilota d'auto ed ottimo elemento della neonata banda, artefici per esasperazione di un capovolgimento esistenziale, pericoloso ma necessario. Ma per questa curiosa e bizzarra famiglia, una strana donna caparbia e tenace, Sarah Grayson (Ilary Swank), agente dell'FBI, è l'imprevisto che arriva, la sorpresa destabilizzante quando tutto sembra ormai perfetto. (La recensione del film "La truffa di Logan" è di Rosalinda Gaudiano)
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