di R. Gaudiano
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La terra dell'abbastanza recensione] - Mirko (Matteo Olivetti) e Manolo (Andrea Carpenzano), sono due ragazzi che vivono nella periferia romana. Una sera, sul tardi, rientrando a casa in macchina investono accidentalmente un uomo. Non soccorrono l'uomo, anzi, in preda alla paura, scappano e si rifugiano nella quasi abitazione del padre di Manolo, un garage squallidamente allestito. Nel giro di poche ore si sa che l'uomo investito ed ucciso da una macchina non identificata è un pentito di un clan criminale della zona, che stava appunto fuggendo. Per i ragazzi pare sia arrivata la svolta della loro vita di emarginati di periferia. Il padre di Manolo (Max Tortora), un balordo reietto, coglie l'incidente come occasione unica e spinge i ragazzi verso la malavita organizzata. "La terra dell'abbastanza" scritto e diretto da due giovanissimi registi, Damiano e Fabio D'Innocenzo, è una storia di autentica depravazione, di notevole forza drammatica ed intensa partecipazione, di una assenza di morale di cui sono vittime per inconsueta scelta due giovani amici, ancora studenti, che finiscono nelle fauci di malavitosi senza scrupoli. Manolo si ritrova un padre stupido che anela alla delinquenza sociale organizzata per assicurarsi un posto di tutto rispetto, e che quindi coglie questa inaspettata occasione per il figlio. Mirko segue Manolo, va a rimorchio dell'amico, mentre sua madre (Milena Mancini) pur cosciente della calata negli inferi del figlio, è come bloccata da una debolezza caratteriale. I fratelli D'Innocenzo, al loro primo lavoro cinematografico, non tralasciano né forme né contenuti, realizzando un piccolo capolavoro cinematografico, una poetica personale fuori dagli schemi, raccontando un microcosmo di miseria e depravazione adolescenziale, una condanna annunciata di due ragazzi che credono di poter gestire con disinvoltura l'investitura di malavitosi. Una storia umana, che a tratti sorprende per la crudele inadeguatezza di Mirko e Manolo rispetto ad un mondo a loro avulso, in cui cercano di trovare con spregiudicata arrendevolezza una collocazione giusta, meritata. La mdp dei fratelli D'Innocenzo cattura i volti, gli sguardi puerili di questi due ragazzi, e cattura anche la loro innocente criminalità, sorretta solo dal fantasma di un uomo morto ucciso accidentalmente mentre una tarda sera facevano ritorno alle loro case. "La terra dell'abbastanza" racconta, come fece Pasolini, la parte sociale reietta della Capitale. Ma Pasolini raccontava questo squallore avvolto in un aspetto epifanico, fissando fatti e gesti in un'aura sacrale-religiosa. I fratelli D'Innocenzo invece restano fedeli al realismo cinematografico, ad una realtà criminale che non perdona e non considera nessuno, se non il proprio tornaconto, caratterizzando l'ingenuità di un maldestro sentimento criminale nei due inseparabili amici. E' inutile dire che i bravi attori rendono il meglio di loro stessi quando vengono diretti da bravi registi. Ed è quello che succedere ad Andrea Carpenzano e Matteo Olivetti, talmente trascinanti nella parte dei loro personaggi da esprimere alla perfezione genuinità e contraddizioni di un'identità criminale che calzano addosso come pelle scollata, soffocati da un malessere esistenziale che li rende quasi catatonici alla vita stessa.
(La recensione del film "
La terra dell'abbastanza" è di
Rosalinda Gaudiano)
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