di T. Di Pierro
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La Stanza recensione] - Le memorie di una casa vuota, specchio artisticamente fedele del non detto; uno sconosciuto alla porta e un tentato suicidio in un giorno piovoso e malinconico. Così si apre La stanza, il nuovo film del regista Stefano Lodovichi, un Chi ha paura di Virginia Woolf? in salsa horror che apre la stagione cinematografica italiana del 2021. Difficile raccontare la trama del film senza rivelarne l'esaltante contenuto. Basterà dire che Stella, madre divorziata, sta per lanciarsi nel vuoto, con tanto di abito da sposa, da una finestra della propria abitazione. A interrompere il folle gesto arriva Giulio, un misterioso uomo che si presenta con la richiesta di affittare una stanza. Con l'ulteriore arrivo di Sandro, ex marito di Stella, il film aprirà il suo iniziale mistero intraprendendo una terapia di coppia da cui non è possibile tornare indietro, un gioco sadico che ha fretta di essere risolto, con un passato pronto a riemergere e devastare un equilibrio già precario. Alla sua terza regia cinematografica, le dinamiche familiari che erano state analizzate dal regista Lodovichi nel suo precedente film, anch'esso horror, In fondo al bosco, tornano a imporsi per essere approfondite e demonizzate. Il regista veste i panni dell'analista per riportare alla luce i sensi di colpa, l'oscurità, il male che i due protagonisti avevano deciso di abbandonare per far riemergere il rimosso, per evidenziare la mancanza di comunicazione, di cura, d'amore, in una casa nera come l'oblio, come l'inconscio. Quante porte sono state chiuse, quante stanze, e chi abbiamo deciso di rinchiuderci? Niente di meglio di un Kammerspiel per rispondere a queste domande sopite da tempo, domande che richiedono esecuzione e vendetta da chi le pone, che richiedono violenza, non solo fisica, ma mentale e che portano ad una piena accettazione dei propri errori e delle proprie mancanze. Nato da un incompleto documentario sugli hikikomori, il film di Lodovichi esplora le tematiche del chiuso e della famiglia attraverso le regole di un horror convenzionale, ma pieno di colpi di scena intelligenti e sensati. Le macabre scenografie e la tetra colonna sonora confezionano un piccolo universo gotico pronto ad essere disfatto, e la stanza, luogo di raccoglimento e di umana intimità, è ora un animale ferito, spaventato e in collera, un organismo isolato e innocente che deve essere salvato da se stesso. Dotato di un cast esiguo, ma eccellente - si segnala soprattutto la performance di Guido Caprino -, girato in diciassette giorni e montato in un mese, questo piccolo film aggiunge un tassello ulteriore e significativo alla carriera del giovane Lodovichi, con un esperimento horror decisamente migliore del precedente, più originale e meglio costruito, tale da farci riflettere sugli errori che abbiamo commesso e che un giorno, amaramente, busseranno alla nostra stanza e ci presenteranno il conto.
(La recensione del film "
La Stanza" è di
Tommaso Di Pierro)
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