La recensione del film La ragazza del treno

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LA RAGAZZA DEL TRENO - RECENSIONE

La ragazza del treno recensione
Recensione

di Mirko Nottoli
[La ragazza del treno recensione] - E' pratica ormai invalsa attendersi da un best seller la sua riduzione cinematografica. Così facendo si fanno contenti sia i fan che hanno letto il libro e che andranno anche a vedere il film, sia coloro che non l'hanno letto e che vedendo il film possono sentirsi esentati dal farlo. Non fa eccezione La ragazza del treno, caso letterario di Paula Hawkins, testé portato su grande schermo per la regia di tal Tate Taylor. Come spesso capita, le ragioni che decretano un successo restano avvolte nel mistero. La ragazza del treno infatti è il classico thriller dalle tinte fosche, sullo sfondo di una morte violenta, pieno di colpi di scena gratuiti e telefonati, furbo nel cavalcare l'onda lunga del femminicidio che tanto piace alle pagine di cronaca nera nostrana, che nella triplicazione dei punti di vista, tutti al femminile (tre infatti sono le protagoniste, interpretate da Emily Blunt, Haley Bennet e Rebecca Ferguson) e nel seguire un ordine del racconto frammentato e a-cronologico, pretenderebbe di trovare sprazzi di originalità, ovviamente senza riuscirci. Noi che non abbiamo letto il libro ma siamo andati al cinema possiamo dire che l'unico vero colpo di scena si ha quando d'improvviso appare il faccione di Edgar Ramirez, nei panni dello psicanalista, personaggio che viene poi accantonato malamente e dimenticato a circa tre quarti di film. Per il resto, senza dilungarsi troppo in analisi di scrittura drammaturgica, basti rilevare che l'intrigo ruotante attorno l'omicidio che sta al centro della narrazione si fonda su un' amnesia passeggera e un incontro fortuito in treno. Detta altrimenti: c'è un testimone oculare (Emily Blunt) che ha visto il colpevole, ma siccome beve, scambia l'8 per il 18. Un giorno incontra per caso la nonna di Lisa Kudrow che le dice: "hey, guarda che l'8 è 8 e il 18 è il 18". "Ah, davvero?!?". Caso risolto. A rendere la vicenda ancora più bizzarra c'è Justin Theroux, che da un lato è descritto come l'uomo medio che non riesce a tenersi l'uccello nelle mutande (testuale); dall'altro invece sembra un genio del male capace di offuscare le coscienze e stravolgere la realtà al punto da creare una realtà parallela dove è percepito come un santo mentre invece è il demonio che sobilla, dissimula, mente, tradisce, randella e gli è sufficiente uno schiocco di dita per trombarsele tutte. Concludendo la morale è che niente è come sembra, l'apparenza inganna, l'abito non fa il monaco, non esistono più le mezze stagioni, chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quello che lascia ma non quello che trova ed è sempre meglio un uovo oggi che una gallina domani. (La recensione del film "La ragazza del treno" è di Mirko Nottoli)
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