La recensione del film La Padrina

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LA PADRINA - RECENSIONE

La Padrina recensione
Recensione

di R. Gaudiano
[La Padrina recensione] - La vita di Patience Portefeux, traduttrice specializzata in intercettazioni telefoniche franco-arabe per la squadra antidroga, non è al massimo delle sue aspirazioni. Patience, non soddisfatta del suo lavoro, noioso e mal pagato, stenta a fronteggiare le spese abituali per vivere e soprattutto è in arretrato con la retta della casa di riposo dove è ospite sua madre. Ha due figlie, Hortense e Gabrielle, ma è una donna sola e affranta, anche se ha una relazione con il capo della mobile, Philippe (Hippolyte Girardot), cosa che la solleva da quel senso di solitudine. La vita di Patience cambia registro quando durante un'intercettazione scopre che è coinvolto come spacciatore il figlio dell'infermiera Kadidja che assiste sua madre nella casa di riposo. Intanto, pur mantenendo inalterata la sua condizione di collaboratrice fidata nella squadra antidroga, è convinta di dover proteggere il giovane pusher, figlio dell'infermiera, insinuandosi sempre più nel traffico della droga per capire tutta l'organizzazione. L'aspirazione di Patience Portefeux è ben altra, e la donna non tarda molto a diventare una vera spacciatrice, scaltra e molto buffa, tanto da essere conosciuta sia negli ambienti della droga e in quelli delle forze di polizia con l'appellativo de "la Padrina", cui tutti danno la caccia. Diretto da Jean Paul Salomè e sceneggiato con Antoine Salomè, "La Padrina" trae l'idea dall'omonimo romanzo di Annelore Cayre, in un divertente mixage tra commedia e thriller, dove un'esile donna, interpretazione encomiabile di Isabelle Huppert, riesce a farla in barba agli spacciatori mettendo le mani su un enorme carico di droga, quasi due tonnellate, che userà per dare inizio ai suoi traffici personali. Jean Paul Salomè sintetizza nell'esile figura della donna Patience, una determinazione fuori ogni regola. Patience si trasforma camuffata da araba navigata, truccata alla perfezione, lo sguardo nascosto dietro due grandi occhiali scuri, e riesce, anche se goffamente, a gestire affari in un contesto di soli uomini, spacciatori che girano in Porsche, violenti e senza scrupoli, mentre inganna con arti languide e sopraffine il suo "affezionato" capo e tutta la squadra del crimine antidroga usando la menzogna come potere sulle persone. Tra commedia e momenti di esilarante thriller, "La Padrina" purtroppo perde mordente per una gestione non corretta del racconto, imputabile alla lentezza dell'intreccio narrativo. Ed è solo grazie alla bravura della Huppert nel saper caratterizzare la donna Patience, renderla carica di spassosa animosità come spacciatrice improvvisata, che "la Padrina" riesce a non deludere del tutto. Patience mentre ascolta le intercettazioni e riferisce falsità a tutta la squadra antidroga. Patience sotto i riflettori, con la maschera e l'atteggiamento di donna navigata nell'ambiente dello spaccio, che gestisce situazioni tragicomiche, mentre rende palese senza ritegno la sua vera natura umana, contrattando con la vicina di casa, la cinese Mrs Fo, ogni possibile compromesso di losco guadagno. Alla fine "La Padrina" si risolve nel ritratto non molto entusiasmante di una donna, Patience, che vuole essenzialmente una rottura decisa con un passato che ormai le sta solo molto stretto, senza però focalizzare affatto questo passato, come invece succede nel romanzo di Annelore Cayre. (La recensione del film "La Padrina" è di Rosalinda Gaudiano)
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