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La metamorfosi del male recensione] - C'è qualcuno che semina morte in modo efferato, dilaniando corpi, mutilandoli selvaggiamente, da bestia, nel senso letterale del termine. E' così anche per la famiglia Porter, in vacanza nella Francia rurale, che viene brutalmente attaccata di notte in un bosco. Il padre ed il figlioletto muoiono sul colpo per le orrende mutilazioni, mentre la madre sopravvive e ricoverata in ospedale fornisce un racconto molto debole sull'accaduto. Di questo sanguinoso delitto, alla fine viene accusato Talan Gwynek (Brian Scott O'Connor), un uomo dall'aspetto rozzo e sinistro, che vive proprio nei pressi della scena del crimine. L'avvocato Kate Moore (A. J. Cook), giovane americana che vive in Francia insieme alla sua équipe, viene chiamata a difenderlo e convinta della sua innocenza, decide di adottare un approccio scientifico per dimostrare l'incapacità fisica dell'uomo di procurare danni ad altre persone. Quando l'Horror si coniuga con una buona dose di thriller-poliziesco, abilmente imbastito in una struttura narrativa che predilige la forma realistica, la credibilità del prodotto è per metà assicurata. E questo è proprio il caso di "La metamorfosi del male" diretto da William Brent Bell, in cui l'energumeno Talan ha tutti i requisiti fisici del brutale assassino. Ma è tutto da dimostrare. Ed è proprio nell'orchestrazione del racconto che si fa strada il lato accattivante e misterioso del film che, ahimè, perde di consistenza via via che scorre. Il film parte molto bene. L'intreccio narrativo poggia sulle relazioni che si instaurano tra i personaggi principali del film in un gioco niente male di detto e non detto, che alimenta una discreta e piacevole suspense. Lo stesso personaggio dell'animalesco Talan solleva non pochi interrogativi che ben predispongono ad attese inquietanti. Non credo che l'epilogo del film, ridotto a qualcosa di molto prevedibile, sia da attribuire ad un soggetto già sperimentato in altri lavori cinematografici. Il found footage usato nel montaggio per dare al film una forma ed uno stile narrativo proprio, inserendo, a strattoni, momenti di realtà giornalistica attraverso spezzoni dallo schermo televisivo, ha penalizzato una narrazione molto buona nella prima parte del lavoro. Il mistero della luna piena, evocato a buona ragione, che si associa nei racconti antichi all'orco, al malvagio, a quel lupo mannaro, metà umano e metà bestia, che ulula sotto quel chiarore bianco di una luna che abbaglia e rischiara, alla fine viene mortificato e privato di quel fascino misterioso in un finale che, pur mantenendo un certo ritmo, chiude in modo fin troppo prevedibile e, diciamolo, un po' deludente, lasciando lo spettatore a bocca asciutta.
(La recensione del film "
La metamorfosi del male" è di
Rosalinda Gaudiano)
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