di R. Baldassarre
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La marcia dei pinguini Il Richiamo recensione] - È uno dei rarissimi casi in cui il furbesco titolo di distribuzione italiana è perfetto per spiegare la produzione di questo "sequel". Il titolo originale francese è L'empereur, che oltre a definire subito il soggetto del documentario, cioè il pinguino imperatore, è anche un modo per dare onori a questo buffo protagonista, però solerte e deciso nel suo glaciale impero situato nell'Antartide. Tornando alla titolazione italiana, se la prima parte astutamente recupera il titolo del primo capitolo, cioè La marcia dei pinguini, il sottotitolo dopo il trattino, cioè Il richiamo, descrive bene il perché di questo tornare su quei luoghi dopo dodici anni. Tra l'altro, il sottotitolo di lavorazione del documentario era L'appel de l'Antarctique, che rievoca con queste parole il sentimento, passionale ed "erotico", che suscita quel luogo e i suoi "abitanti". Quindi, come un canto sensuale di sirena, Luc Jacquet ritorna, richiamato, su quei luoghi già esplorati, studiati e, finanche, amati. Mettendo da parte che questa spedizione "sentimentale" sia stata anche dettata dal fare un bis dell'ottimo successo mondiale de La marcia dei pinguini (Oscar come miglior documentario e grandi incassi), possiamo confidare che il "richiamo" nasca da una profonda voglia di analizzare di nuovo quegli impervi e glaciali habitat, e donare al pubblico mondiale nuovamente delle emozioni. Come nel primo documentario, Jacquet riutilizza le stesse – vincenti – formule: lunghissimi appostamenti e pedinamenti dei pinguini, senza rompere la naturalezza della loro vita; umanizzazione dei "personaggi", attraverso le voci degli attori. Un antropomorfismo vocale per aiutare a capire, anche attraverso "boutade", le azioni e i pensieri dei pinguini, e per riempire e colorare con parole i siderali silenzi dell'Antartide. In pratica una leggera fusione tra documentario e fiction. Anzi, un documentario che con gli spiritosi dialoghi si trasforma in fiaba. Non a caso La marcia dei pinguini, uno e due, sono validi strumenti d'apprendimento, visivo e conoscitivo, molto adatto ai bambini, come quei libri che trattavano argomentazioni complicate, però erano piene di figure e disegni per agevolare la spiegazione. Per quanto riguarda il doppiaggio italiano, questa volta la voce è di Pierfrancesco Diliberto, in arte PIF. Stella cine-televisiva di oggi, che sostituisce la star radio-televisiva Fiorello, che doppiava il primo capitolo. Ecco, questa è la vera furbizia dei distributori italiani, cioè il "richiamo" commerciale. Tornado a La marcia dei pinguini – Il richiamo, questo secondo appostamento non aggiunge nulla di realmente nuovo a quanto detto dodici anni fa. Luc Jacquet sperimenta le nuove tecnologia di ripresa, utili anche per analisi più scientifiche, e ci regala scene immaginifiche (ad esempio i totali degli spiazzi antartici, affollati di pinguini. Scene che ricordano i kolossal in Cinemascope di Nicholas Ray), però molte volte questo documentario cinematografico non si discosta da ciò che si vede, e si apprende, dai televisivi documentari realizzati da National Geographic. Le scene migliori, più passionali, simpatiche e alla "Werner Herzog" sono quelle del backstage, con i buffi pinguini intorno alla macchina da presa, o con i tecnici "immersi" nell'impervio appeal dell'Antartico. Immagini documentaristiche veramente pure e non corrotte.
(La recensione del film "
La marcia dei pinguini Il Richiamo" è di
Roberto Baldassarre)
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