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La mafia uccide solo d'estate recensione] - Raccontare la mafia attraverso gli occhi di un bambino, raccontarla a Palermo, ad una distanza più che ravvicinata tramite lo sguardo di un ragazzo normale di una famiglia normale che con la mafia non ha niente a che fare ma con cui ha per forza a che fare, perché non può essere altrimenti a Palermo, la mafia è lì, nell'aria, sul pianerottolo di casa, al bar, in ufficio, a scuola, per strada, tra la gente che dissimula, sdrammatizza, nega e rimuove. La mafia uccide solo d'estate. La mafia non esiste. E invece esiste. Ci prova a raccontarla tra il serio e il faceto, facendosi a volte molto serio a volte molto faceto, Pierfrancesco Diliberto in arte Pif, qui alla sua prima assoluta dietro la macchina da presa. Ci prova a farlo in maniera diretta, scanzonata ma non irrispettosa, profonda ma non retorica, comica ma non burlesca, sentimentale ma non melodrammatica, puntuale ma non documentaria, riuscendoci però solo in parte. Pif possiede cognizione di causa, può contare sull'esperienza di chi ha vissuto quelle situazioni in prima persona e non per sentito dire, com'è nelle sua corde riesce a intervallare momenti spiritosi a squarci di dolorosa tragicità con naturale partecipazione. Eppure, o forse proprio per questo, La mafia uccide solo d'estate pare non riuscire mai a cogliere l'intonazione giusta, a trovare e assestarsi su quel mood capace di donargli coerenza ed equilibrio. Voce fuori campo, forma diaristica, telecamera a mano, l'atmosfera che aleggia è quella nota del Testimone televisivo, col nostro che si autodenigra, si schernisce nel mostrarsi goffo e perennemente inadeguato, con intelligenza certo, con umiltà certo, ma anche con un pizzico di mal celato compiacimento non così neutrale come vorrebbe farci credere. Da vero testimone posa la sua telecamera sulla realtà ed è proprio la realtà, che irrompe nel montaggio sotto forma di filmati di repertorio, a far prendere quota alla pellicola, a irrorare di linfa i suoi organi vitali. I funerali del Generale dalla Chiesa, l'uccisione di Salvo Lima, Capaci e via D'Amelio sono scudisciate che lasciano i segni su nervi, cuore e cervello, in un modo tanto violento che nessuna opera di fiction potrà mai, nemmeno lontanamente, eguagliare. Tuttavia Pif, ingenuo e romantico, vuole lasciarci con una nota di speranza, così il film si chiude su un'invocazione rivolta alle nuove generazioni per non dimenticare, affinché non commettano gli stessi errori e sappiano distinguere gli eroi dagli assassini. Bastasse sarebbe fin troppo bello.
(La recensione del film "
La mafia uccide solo d'estate" è di
Mirko Nottoli)
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