di R. Gaudiano
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La legge della notte recensione] - Joe Coughlin (Ben Affleck) è stato un soldato ed ha combattuto per l'America durante il primo conflitto mondiale. Ma l'indole di Joe è irrimediabilmente attratta da una condotta fuorilegge. Joe, figlio del capo della polizia di Boston (Brendan Gleeson), calca con piacere e convinzione i luoghi della malavita americana dei ruggenti anni venti. Tra bande rivali di immigrati irlandesi ed italiani, Joe si inserisce nei loschi affari di gangster che caratterizzarono le sanguinose faide del proibizionismo in America. Dall'aspetto tranquillo e poco incline all'utilizzo della pistola, Joe cade nella trappola del sentimento amoroso per una sgualdrinella, donna del boss di turno, cui ruba pure denaro. Condannato a morte sicura, sarà suo padre ad intercedere con i rappresentanti della legge perché possa cavarsela solo con qualche anno di carcere. Uscito di prigione, Joe stringe un sodalizio criminale con Maso Pescatore (Remo Girone), padrino mafioso ben inserito nei traffici del contrabbando di alcool. L'America di quegli anni pullula di fanatici che dettano moralismi stereotipati e razziali. Ed è proprio con questo pericoloso fanatismo che Joe deve fare i conti, sia per tutelare il nuovo amore della sua vita, la bella cubana Graciela (Zoe Saldana), sia per non avere impedimenti nel nuovo giro d'affari, da sostituire al traffico di alcool, oramai terminato con la fine del proibizionismo. Ben Affleck, al suo quarto lavoro di regia (qui anche sceneggiatore), prende spunto dal libro di Dennis Lehane del 2012, per realizzare un adattamento cinematografico non perfettamente riuscito. La storia del gangsterismo americano è stata trattata da più registi e rappresentata spesso con uno sguardo attento dal cinema hollywoodiano sempre attratto dagli eventi che caratterizzarono gli Stati Uniti degli inizi novecento. Il film apre con la voce narrante del protagonista, che da subito non si impone come importante codice verbale che contestualizzi le immagini, la scena e tutto il percorso narrativo, accentuando, invece, uno script intriso più di stereotipi e simboli, immagini rappresentative di un momento storico della malavita americana. Scorribande, inseguimenti e fughe in auto, uomini della malavita infiocchettati in abiti doppio petto, brillantinati e con cappelli di feltro a falda larga ben calzati sul capo, sesso e alcool, omicidi, tradimenti, tutto questo sintetizza il soggetto su cui poggia tutta la storia dell'ultimo lavoro di Affleck, senza però portare nulla di nuovo sullo schermo. Il progetto ambizioso del regista perde via via consistenza per non aver saputo rendere la giusta forma espressiva e di significato di un mondo che si caratterizzò soprattutto attraverso personaggi malavitosi, soggetti importanti di quella criminalità. Ed è qui che Affleck ha avuto troppa fretta nella conduzione del viaggio narrativo de "La legge della notte". Raccontando, in modo frammentario e poco definito, i momenti di vita salienti del protagonista, costretto in una recitazione statica ed inespressiva, Affleck svilisce il film privandolo di uno stile solido capace di rappresentare l'universo dei "senza legge" e dei "fuorilegge" gangster americani. Anche il montaggio di William Gondelberg non trova la giusta sinergia tra la selezione e la combinazione delle scena. Prodotto da Leonardo Di Caprio, il film incanta in più di una scena, grazie alla fotografia di Robert Richardson, tecnicamente sorprendente per le meravigliose immagini a campo lungo.
(La recensione del film "
La legge della notte" è di
Rosalinda Gaudiano)
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