La recensione del film La gabbia dorata

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LA GABBIA DORATA - RECENSIONE

La gabbia dorata recensione
Recensione

di Rosalinda Gaudiano
[La gabbia dorata recensione] - L'esigenza di emigrare coincide con bisogni di natura economica, di cambiamento di stato o di condizione sociale. L'emigrazione è un fenomeno naturale che si manifesta attraverso una forza che agita e mescola, senza distruggere, gli elementi della vita, che trasporta organismi nati in un determinato punto e li dissemina per lo spazio, trasformandoli e perfezionandoli in modo da rinnovare in ogni istante il miracolo della creazione (Beato Giovanni Battista Scalabrini). Juan (Brandon Lopez), Sara (Karen Martinez) e Samuel (Carlos Chajon), sono tre ragazzi sedicenni, relegati nei quartieri poveri del Guatemala, assaliti da un prorompente desiderio di vivere una vita migliore. Così decidono di compiere un viaggio liberatore verso gli Stati Uniti. Incoscienza, slancio vitale, passione per il cambiamento, grande forza di volontà, costituiscono le forze espulsive da un paese che offre ormai solo miseria e perdita di dignità. Diego Quemada-Diez per la prima volta dirige un lungometraggio, profondamente ancorato alla realtà, con attori non professionisti che si muovono in luoghi reali, con luce naturale, girato con telecamera in Super16. "La gabbia dorata" è finzione, che si fonda sulla realtà sconvolgente dell'emigrazione, ricostruendola a partire dai desideri di autenticità di tre adolescenti guidati dal miraggio di una vita senza più sofferenze e privazioni. Il viaggio verso quel nuovo mondo è l'obiettivo ossessivo che traspare dai volti schietti di Juan, Sara e Samuel, ai quali si unisce il saggio Chauk (Rodolfo Dominguez), adolescente legato ai valori della bontà e della comunità. Un viaggio che si veste momento per momento di una solidarietà commovente tra questi adolescenti che non si aspettano, durante il duro e lungo cammino, di fare i conti con la violenza del banditismo, le imboscate ed i tradimenti. Diego Quemada-Diez racconta il cammino di una speranza disperata, che segna il volto degli emigrati clandestini, masse umane che si muovono per la vita che sovente perdono proprio lungo il viaggio della rivalsa. Il cineasta non risparmia le sottili e significative situazioni conflittuali tra i due personaggi chiave del film, Juan e Chauk. Il grintoso e collerico Juan contrasta con l'amorevole cuore di Chauk, carismatico perché ricco di sentimento umano autentico, dote acquisita dalla sua cultura nativa Tzotzil. Questo conflitto aperto costituirà una crescita significativa per il duro carattere di Juan che si convincerà alla fine dell'importanza dell'amicizia solidale. Spazi naturali immensi, montagne con ripidi pendii che si perdono in verdi valli a tratti bagnate da limpidi ruscelli. Il forte contrasto tra un'umanità che si muove disperata, sudicia ed affamata e paesaggi incantevoli , rassicuranti, illuminati dalla tersa luce di un giorno forse traditore, costituiscono la metafora della vita in continua evoluzione. Il viaggio è un rito iniziatico, un diventare se stessi, una sfida all'annichilimento e all'assuefazione. Il treno, metafora del progresso, trasporta lontano queste masse umane, schiavi di un sistema che si dichiara difensore della democrazia e della libertà. L'eccellente lavoro di regia e sceneggiatura è ancor più valorizzato da una recitazione, a tratti commovente, dei quattro coraggiosi adolescenti, attori non professionisti ed una fotografia che toglie il fiato. "La gabbia dorata" ha conquistato il premio Gillo Pontecorvo al 66° Festival di Cannes - Un Certain Regard. (La recensione del film "La gabbia dorata" è di Rosalinda Gaudiano)
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