LA FINESTRA SUL CORTILE
di Elisa Torsiello
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi film del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per comprendere se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno prese in considerazione solo opere che all'epoca vennero reputate CAPOLAVORI per sviscerare, analizzandone il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali, o ETERNI, anche OGGI e DOMANI.
«Chiedi un autografo all'assassino, guarda il colpevole da vicino e approfitta finché resta dov'è, toccagli la gamba, fagli una domanda cattiva, spietata, è la mia curiosità impregnata di pioggia televisiva». È con queste parole che Samuele Bersani ha dato vita nel 2003 a Cattiva, fotogramma musicale di una società sempre più preposta al piacere del grottesco e della mercificazione del dolore e della privacy altrui. Si prenda questa canzone e la si confronti con un film come La Finestra sul Cortile (Rear Window). Risulta davvero sorprendente notare quanto forte sia l'analogia di fondo che unisce queste due opere, figlie di epoche diverse, ma unite da un sottotesto torbido che si nasconde latente in entrambe le società decantate dai due autori. È un gesto semplice, ma allo stesso tempo di estrema importanza demoscopica, perché ci fa comprendere quanto l'opera di Hitchcock targata anno 1954 sia ancora tremendamente attuale e quanto si meriti a tutti gli effetti di essere ancora elevata al rango di capolavoro. Alfred Hitchcock, al pari di William Shakespeare, possedeva l'invidiabile e raro talento di inebriare le proprie opere di tutti quei difetti, fobie e paure recondite che hanno fatto e sempre faranno parte integrante della psicologia umana, ed è per questo se le sue pellicole hanno potuto superare indenni lo scorrere inesorabile del tempo. La storia del fotografo L. B. "Jeff" Jeffries (James Stewart) bloccato su una sedia a rotelle per una gamba rotta che passa il tempo spiando con il binocolo nella vita dei suoi vicini, rendendosi involontariamente testimone di un probabile omicidio, non fa di certo eccezioni. Rear Window diventa il vettore mediatico con cui dar corpo a una delle più grandi debolezze umane. Nelle mani del regista inglese, o meglio, davanti al suo obiettivo, lo spiare e il volere venire a conoscenza di ogni aspetto della vita degli altri, si veste di qualcosa di veramente perturbante e di terribilmente attuale (non si spiegherebbe altrimenti la produzione di film recenti come Le Vite degli altri, o Disturbia, sorta di remake proprio de La finestra sul cortile). 51 anni sono passati eppure si sente ancora forte nell'opera di Hitchcock il volere cogliere, indagare, e se vogliamo anche denunciare, uno degli aspetti più caratterizzanti di una società come quella contemporanea, fagocitante di immagini visive in movimento e sempre pronta a indossare le vesti di giudici improvvisati per sentenziare anonimi verdetti su fatti estranei dalla comoda posizione sul divano di casa. Siamo oramai divenuti una società fatta di individui che si auto eleggono a testimoni passivi della realtà, individui che si limitano a registrare ciò che avviene dinnanzi a loro senza agire in prima persona. Siamo divenuti a tutti gli effetti tanti piccoli voyeur, semplici osservatori di una realtà che ci scivola davanti, senza diventarne dei protagonisti. Abbiamo col tempo sviluppato una sempre più potente macabra ossessione nel guardare della vita altrui, proprio come quella di Jeff.
Si può davvero affermare che Hitchcock sia stato a tutti gli effetti un anticipatore dei nostri tempi. La TV, l'iPhone, i tablet, i portatili, non sono altro che gli strumenti magici con cui soddisfare tali necessità, figlie di quella definita dalla Mulvey come "erotismo scopofilo"; sono il prolungamento catodico e informatico dell'obiettivo di Jeff attraverso cui possiamo illuderci di spiare e vivere per pochi istanti la vita degli altri, o di divenire testimoni pretenziosamente oculari, nascosti da uno schermo di pochi pollici, delle tragedie altrui. La vera natura umana è quella di essere degli spioni, dei veri e propri Peeping Toms ed è proprio sulla spinta di questo innato appagamento voyeuristico che, se ci pensiamo bene, siamo ancora, 120 anni dopo quella prima proiezione organizzata dai fratelli Lumiére sul Boulevard des Capucines, attratti dal mondo del cinema; un mondo che ci va vivere nell'arco di un paio di ore delle altre vite, tra tragedie e lieti eventi, e tutto questo Hitchcock lo sapeva bene perché lui stesso amava dichiararsi "voyeur" e Rear Window la sua più grande dichiarazione d'amore per il cinema, finestra voyeuristica per eccellenza. Il personaggio di James Stewart sullo schermo sembra essere a tutti gli effetti non solo la proiezione dello stesso Hitchcock, ma anche quella di noi spettatori, che immobili sulla poltrona, con il volto fisso sullo schermo, siamo pronti a essere alienati da una realtà altra, piuttosto che vivere al massimo la propria. Come Jeff ci limitiamo ad assistere impassibili alle scene che si susseguono sullo schermo, a mettere in fila gli indizi, unendo in maniera elucubrata, le fila di questa immaginaria rete investigativa, per poter alla fine formulare una personale versione dei fatti destinata all'oblio. Siamo talmente assuefatti dall'illusione di realtà su cui si fonda il racconto classico, che anche la vera realtà ci appare finzione, vero e proprio spettacolo mediatico.
Jeff non sarà l'eroe della vicenda, proprio come non saremo noi da casa a dare un volto ai vari assassini che riempono le nostre pagine di cronaca; ne La finestra sul cortile sarà paradossalmente Lisa (divenendo finalmente, solo per aver attraversato il campo di sguardo di Jeff ed essere divenuta parte del mondo spiato dall'uomo, suo oggetto del desiderio) e non il protagonista, a far catturare attivamente Thornwald; tutt'al più Jeff si limiterà a rivestire i panni dell'eroe ironico, dell'eroe che subisce il corso degli eventi senza veramente partecipare attivamente alla loro risoluzione. Ecco cosa sembra vuol comunicarci sottilmente e in maniera latente ammonirci Hitchcock con la caduta finale di Jeff che gli causerà la rottura dell'altra gamba: non ci sono eroi nello spiare gli altri, ma, come dirà Stella a Jeff, soltanto «a race of Peeping Toms».
Un capolavoro inossidabile. Lo è stato IERI, lo è OGGI, e lo sarà DOMANI.