di M. Nottoli
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La battaglia di Hacksaw Ridge recensione] - La battaglia di Hacksaw Ridge è la storia, vera, del primo obiettore di coscienza a ricevere la medaglia d'onore dall'esercito degli Stai Uniti. Dopo Pearl Harbour, Desmond Doss è uno tanti giovani che si arruolano come volontari per servire la patria, solo che, arrivato al campo di addestramento, per le sue credenze religiose, Desmond Doss non può e non vuole toccare un'arma. E non la toccherà, nemmeno al fronte. Questo non gli impedirà di salvare, in battaglia, 75 vite umane. La battaglia di Hacksaw Ridge potrebbe sembrare un film sulle contraddizioni. Come coniugare pace e guerra, come dichiararsi per la pace e comprendere l'inevitabilità della guerra, che senso ha il precetto di non uccidere quando tutti intorno a te uccidono, non perché lo vogliono ma perché ne sono costretti, perché o uccidi o sei ucciso. E' il dilemma tra l'etica del principio e l'etica della responsabilità. Ha senso restare arroccato sulle proprie posizioni anche quando questo comporta la minaccia di quelle stesse posizioni o è meglio talvolta considerare le conseguenze e se necessario scendere a compromessi? Desmond Doss (Andrew Garfield, una testa tra un collo e dei capelli) rimane fedele alle sue convinzioni nonostante tutti intorno gli dicano il contrario, forse confondendo la coerenza con l'ottusità, il rigore morale con l'orgoglio sordo. Gibson instilla il dubbio perché è vero che Doss avrà ragione ma solo grazie ad una provvidenziale raccomandazione, sempre di moda a tutte le latitudini. Allora dov'è la morale? Cosa è giusto e cosa sbagliato? Senza conoscenze altolocate Desmond Doss sarebbe finito alla corte marziale semplicemente per aver disobbedito a un ordine e buonanotte ai suonatori. Invece parte per Okinawa senza nemmeno un coltellino serramanico in tasca. Lo stacco è netto. Se pensavamo di aver già visto tutto sui film di guerra, Gibson ci fa ricredere. L'arrivo sull'isola - quando il plotone scala la parete rocciosa e giunto là sopra, una carrellata verticale ci rivela una spianata di morte desolante come l'inferno - è una di quelle sequenze che lasciano il segno. Contraddizioni dicevamo, ma ci sbagliavamo. Perché l'integralismo non presuppone dubbi, non contempla sfumature, così il fanatismo religioso di Gibson finisce per ammantare di ridicola paternale questa sua parabola pacifista, con il buon samaritano Desmond che per una notte intera corre come un invasato per la trincea e salva tutti perché guidato da Dio mentre gli altri muoiono, come il suo amico, perché probabilmente sono degli stronzi e comunque se lo meritano. Come sempre non è una questione di cosa ma di come. Il plotone che aspetta che Desmond abbia finito di pregare per andare all'assalto e uccidere più musi gialli possibili e il finale dove la celebrazione della religiosità di Desmond che non riesce più a trovare la sua bibbia fa da contrappunto ai soldati americani che, ormai invincibili per intervento divino, arrostiscono bellamente stuoli di giapponesi coi lanciafiamme (i giapponesi ovviamente non credono in dio), fanno parte di un'esaltazione retorica che, a nostro avviso, più che brutta è sbagliata.
(La recensione del film "
La battaglia di Hacksaw Ridge" è di
Mirko Nottoli)
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