di M. Marescalco
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L'uomo nel buio recensione] - Circa 5 anni fa, Man in the dark palesava al mondo il talento di Fede Alvarez alle prese con un horror in cui nessun personaggio era ciò che sembrava. Il film raccontava la tentata rapina di un gruppo di poco di buoni nell'appartamento di un uomo cieco. La verità, però, si rivelava ben diversa dalle apparenze, lasciando emergere la figura terribile e spietata di un ospite in grado di eliminare con cattiveria estrema i suoi assalitori e custode di uno spaventoso segreto.
Alla regia de L'uomo nel buio: Man in the dark troviamo Rodo Sayagues, abituale collaboratore di Fede Alvarez in sede di sceneggiatura. Se possibile, questo secondo episodio della saga riesce persino a superare il primo. Sopravvissuto senza conseguenze all'assalto della sua abitazione in Man in the Dark, il veterano della guerra del Golfo Norman Nordstrom, reso cieco da una ferita, si è trasferito e ha incontrato Phoenix, una ragazzina della quale prendersi cura e grazie alla quale alleviare il dolore per la morte della figlia. L'abitazione dell'uomo viene però nuovamente assediata da una banda di criminali, che decidono si sequestrare la bambina e fuggire. Rimasto solo con un fedele cane rottweiler, Norman si mette in viaggio alla ricerca di Phoenix e dei suoi rapitori, deciso ancora una volta a fare piazza pulita di chi intralcia la sua serenità.
L'uomo nel buio: Man in the dark fa tesoro della lezione impartita nel corso dell'ultimo decennio da Blumhouse Productions e la porta a conseguenze estreme. Titoli quali Paranormal Activity, Insidious, Sinister e Oculus non si sono limitati a riconsegnare l'orrore a un'ambientazione casalinga ma hanno trasformato gli appartamenti in spazi deformati – e deformanti – in grado di rispecchiare la psiche malata dei suoi inquilini. Se due film come Insidious e Man in the dark riuscivano a dilatare l'ambiente domestico e a trasformarlo in un dedalo di corridoi, cantine e luoghi nascosti, questo film diretto da Rodo Sayagues trasforma una serra nella giungla del Vietnam e porta la guerra nell'abitazione del reduce Norman Nordstrom.
Il maggiore pregio de L'uomo nel buio: Man in the dark non consiste semplicemente nella gestione degli spazi, nell'impresa che ha consentito di evitare la mitizzazione del villain protagonista e nella creazione di cattivi di rara forza ma anche nella sua durata estremamente limitata. I 98 minuti scorrono tesi e lineari e conquistano lo spettatore senza il rischio di annoiarlo. Ancora più eccessivo e iperbolico del suo predecessore, il progetto scritto da Fede Alvarez raccoglie il testimone di Blumhouse e si conferma come uno degli horror mainstream più riusciti degli ultimi anni.
(La recensione del film "
L'uomo nel buio" è di
Matteo Marescalco)
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