La recensione del film L'ultima parola

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L'ULTIMA PAROLA - RECENSIONE

L'ultima parola recensione
Recensione

di M. Nottoli
[L'ultima parola recensione] - L'ultima parola, la vera storia di Dalton Trumbo, sceneggiatore tra i più pagati di Hollywood che, per le sue simpatie comuniste, finì (insieme ad altri 9, poi denominati i "10 di Hollywood") sulla famigerata lista nera della Commissione per le attività antiamericane, fu condannato a 11 mesi di carcere e ostracizzato dal mondo del cinema, all'epoca manipolato dall'ex attrice e giornalista di gossip ultraconservatrice Hedda Hopper che poteva godere di un larghissimo seguito di lettrici e lettori annoiati. Sotto svariati pseudonimi, a libro paga di case di produzione di serie Z, Trumbo non si diede per vinto e continuò a scrivere, decine e decine di sceneggiature fino a quando, nel 1960, grazie alla volontà di Kirk Douglas e Otto Preminger, il suo nome poté ricomparire nei titoli di testa, rispettivamente, di Spartacus e Exodus, mettendo così fine, di fatto, al suo esilio e ad una delle pagine più tristi della storia americana. Nel periodo di clandestinità Trumbo vinse due Oscar: per La più grande corrida (1956) e per Vacanze Romane (1953). Il primo gli venne consegnato nel 1973, il secondo nel 2011, ad oltre trent'anni dalla morte. Forte di una candidatura all'oscar per la miglior interpretazione maschile (Bryan Cranston), L'ultima parola, di Jay Roach, regista finora conosciuto solo per la saga de Ti presento i miei, racconta la vera storia di Dalton Trumbo in maniera lineare e pulita, senza sussulti né invenzioni, sia dal punto registico che di scrittura, cavalcando lo stereotipo dello scrittore geniale che, sigaretta in bocca e bicchiere di whisky in mano, può battere sui tasti a comando per giorni e notti facendo uscire dalla macchina da scrivere solo pagine di grande letteratura. Tra esigenze di semplificazione per meglio focalizzare l'attenzione su un racconto che vuole e deve essere innanzitutto edificante e morale, dove un po' di retorica non guasta per far capire bene chi sono i buoni e chi i cattivi (e fanculo al relativismo di pensiero), ciò di cui si perdono i contorni è proprio la figura di Trumbo, esitante tra l'uomo tutto d'un pezzo, l'eccentrico sregolato, il buon padre di famiglia, il despota, l'idealista e l'onesto lavoratore, alla cui caratterizzazione non aiuta, crediamo, nemmeno l'interpretazione di Cranston, con quell'aspetto da vecchio contadino buono per sostituire Orso Maria Guerrini nello spot della birra Moretti, tutta smorfie facciali e pose da macchietta. Pur senza dire sostanzialmente nulla di nuovo riguardo ad un periodo, quello del maccartismo, già svariate volte indagato dal cinema, che ha comunque il potere di indignarci, rattristarci e farci schiumare di rabbia, ogni volta, oltre misura, L'ultima parola ha ciononostante il coraggio di fare nomi e cognomi senza il timore di offendere la memoria di chicchessia, dalla già citata Hedda Hopper a Edward G. Robinson, da Ronald Reagan a John Wayne il quale se già non ci stava simpatico ora ci è del tutto odioso. A interpretarli un cast eccezionale che vede, oltre a Cranston, anche Helen Mirren, Diane Lane, John Goodman, Elle Fanning e Michael Stuhlbarg. (La recensione del film "L'ultima parola" è di Mirko Nottoli)
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