Il posto delle fragole di Ingmar Bergman

.       .

Vai ai contenuti

IERI OGGI E...

L'INQUILINO DEL TERZO PIANO di Roman Polanski

L'inquilino del terzo piano Recensione

di Chiara Roggino
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi film del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per comprendere se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno prese in considerazione solo opere che all'epoca vennero reputate CAPOLAVORI per sviscerare, analizzandone il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali, o ETERNI, anche OGGI e DOMANI.
Virtuosismo e psiche tormentata: scenario fisico e urbano a caratterizzare la vita di Polanski fino a metà anni Ottanta, immediatamente dopo le battute d'arresto che spinsero il cineasta a cercare rifugio negli Stati Uniti. Oltre oceano, lo stato di individuo naturalizzato (e paria al tempo stesso) gli conferisce quel confort sociale che si farà presto sentire nella sua opera. In questi anni prenderà vita una trilogia informale in cui la dimora di un personaggio catalizza la follia che lo minaccia. Strutturalmente incentrati sull'ambiguità ( tra percezione oggettiva e soggettiva), i migliori film ad alta tensione consentono agli spettatori di spaventarsi riflettendo su se stessi. Le paure dure ad estinguersi fanno capo a una visione attiva incoraggiata da strategie di assunzione e provocazione. Il thriller psicologico di Roman Polanski confida nelle paranoie del pubblico, nel suo identificarsi nei personaggi più fragili. Trascurato e poco discusso dalla critica, "Le Locataire" ("L'inquilino del terzo piano", Francia / USA, 1976) esplora la violenza insita nella perdita della privacy esaminando il fallimento nell'affrontare e superare il giudizio dell'altro. Polanski presenta la fenomenologia dell'intersoggettività vista come campo di battaglia dove le parti aggressive cercano di controllare i più deboli. "Le Locataire" empatizza con il suo protagonista iper-cosciente di sé, un uomo che vive in un mondo egoista, affamato, in cui pochi individui possono permettersi il lusso di sopravvivere illesi. Trelkovsky (interpretato da Polanski), immigrato parigino dalla volontà malleabile, viene a conoscenza di un potenziale appartamento in affitto. Visitando l'ex inquilina che sta morendo in ospedale dopo un tentato suicidio, incontra la sua amica Stella (Isabelle Adjani). Dopo essersi trasferito nell'appartamento, avverte all'istante che gli altri residenti manifestano capricci bizzarri, uno fra tanti la tendenza a rimanere immobili in bagno per lunghi lassi di tempo e un'eccessiva insofferenza per ogni genere di rumore. La vita nel suo appartamento si fa presto insopportabile così come le manie dei suoi vicini di casa divengono via via più frequenti e intense. L'indole mite di Trelkovsky, omino fragile dal temperamento indeciso, ci appare manifesta dalla sua debolezza nell'affermare se stesso contro i dipendenti del caffé sotto casa, amici e vicini di casa. Presto l'uomo giungerà a credere che la maggior parte della popolazione parigina stia cercando di far fuori la sua individualità trasformandolo nell'inquilina precedente, Simone. E' rapida la sua discesa nella follia, un profondo disagio psichico che culmina nell'estremo atto di sfida: l'uomo è infine determinato ad uccidersi. Vestito e truccato da donna, salta dalla finestra del suo appartamento sfondando la tettoia di vetro esattamente come Simone, ma riesce solo a rompersi una gamba. La sua determinazione è incrollabile. Trascinandosi su per le scale l'uomo cerca un nuovo tentativo. Questa volta è un successo. La visione di Polanski sull'individuo-artista contro un pubblico carnivoro ha radici profonde. La sua biografia è un elenco di ostacoli costanti al suo processo di autodeterminazione. Da bambino fu ghettizzato nella Polonia occupata dai nazisti. In gioventù si spacciò per cristiano, vivendo con amici di famiglia. La sua adolescenza è caratterizzata da ambizioni da cineasta ostacolate dal governo comunista polacco. Nel 1969 sua moglie, l'attrice Sharon Tate, è assassinata dagli uomini di Manson, nel 1977 l'uomo fuggì in qualità di latitante negli Stati Uniti onde evitare una condanna per stupro. Voluto, braccato e perseguitato per tutta la vita. Non sorprende che il tema della vittimizzazione sia stato di fondamentale importanza nella sua filmografia. Dall' eroina molestata sessualmente in "Repulsione" (1965) al grembo gravido della prole di Satana in "Rosemary's baby" (1968), i protagonisti di Polanski assumono il ruolo di vittima atta a soddisfare le esigenze di una società parassitaria. L'efficacia del film di Polanski sta nella sua abile caratterizzazione, nella sua manipolazione della forma prospettica e narrativa. Da un lato ci mostra un Trelkovsky che controlla l'uscio di casa dopo un misterioso bussare alla porta. Trelkovsky immagina di scontrarsi con il sinistro padrone di casa. Il bussare succesivo conduce l'uomo fuori dall'uscio, a indagare sul ballatoio. In diverse occasioni le allucinazioni ( vere o presunte) del protagonista alludono a una dinamica da intrappolamento prospettico. Una strategia retorica estremamente intelligente. Con questa premessa implicita da parte di un narratore implicito, le sequenze finali saranno estremamente confuse conducendo lo spettatore a dubitare della veridicità narrativa. Indubbiamente la sequenza più sconcertante comporta un tempo per un crollo di mente inspiegabile là dove Trelkovsky si trova a rivivere la sua precedente visita in ospedale dal punto di vista di Simone nei panni del "paziente" mummificato colto nell'atto di guardare Trekolvsky stesso. Lo spettatore vacilla. Il personaggio è realmente paralizzato nel suo stato di mummificazione o questo è solo l'ultimo prodotto della sua psiche incontrollata? Attraverso semplici tecniche di regia Polanski è in grado di condurre lo spettatore in uno stato volto a condannare tutta Parigi. La tensione sale così come i gli inquilini del palazzo si fanno via via più crudeli, egoisti, morbosamente intolleranti al rumore. Il culto soprannaturale della mummia è accennato mettendo in bella vista geroglifici egiziani, spesso inosservati da Trelkovsky. La predilezione del pubblico ad accettare spiegazioni proto-soprannaturali, come potremmo trovare in un film di Dario Argento, diviene così pronunciata che la rottura di Trelkovsky con la sanità mentale invita lo spettatore a scambiare una semplice allucinazione per atto soprannaturale. Egli entra nell'edificio, accende la luce e si spaventa nel trovare una donna perseguitata dalla polizia per rumori nel corridoio. La telecamera si sposta dal punto di vista dell'inquilino sì che vediamo un'altra donna, giunta allo scontro con l'uomo in un altro istante (in seguito al suo rifiuto di firmare una petizione) nell'atto di soffocarlo. La telecamera elimina successivamente il suo punto di vista mentre vediamo l'inquilino lottare contro se stesso. "Le Locataire" rimane una pelllicola potente perché non si basa esclusivamente sulla non affidabilità del narratore o del pubblico. L'ambiguità e le lievi incongruenze messe in luce da Polanski consentono di manipolare abilmente l'empatia del pubblico in un film meravigliosamente inquietante che offre nuovi spunti ad ogni nuova visione. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI.


Torna ai contenuti | Torna al menu