La recensione del film L'inganno

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L'INGANNO - RECENSIONE

L'inganno recensione
Recensione

di A. Bizzotto
[L'inganno recensione] - La guerra di secessione infuria in Virginia, ma resta off-screen. Immerso nel rigoglio della vegetazione, il collegio femminile di Martha Farnsworth (Nicole Kidman) assorbe ben poco del confitto: il senso di incertezza e di pericolo rimane latente. Tant'è che riesce ben poco a combattere la noia sonnolenta in cui sguazzano la direttrice, l'insegnante Edwina (Kirsten Dunst) e le cinque allieve rimaste. E quando la guerra civile fa irruzione, lo fa come nessuna si sarebbe aspettata. Ha le fattezze del caporale nordista John McBurney (Colin Farrell), in cui una delle giovani educande si imbatte cercando funghi fuori dal cancello del collegio. Il soldato è ferito e stremato, la signorina Farnsworth accetta di ospitarlo e curarlo con carità cristiana, per consegnarlo alle truppe sudiste una volta rimesso in salute ed evitargli così di morire sulla via della prigione. McBurney, però, non è lo yankee di cui le donne del sud hanno imparato ad avere paura. In realtà è un mercenario, ed è pure educato e piacente. Con l'arrivo di un gallo, il pollaio di rianima. Per le bambine il caporale è una distrazione che suscita curiosità, con cui instaurare un'amicizia quasi cameratesca. Ma la tensione sessuale, inizialmente sorda e invisibile, inizia a serpeggiare fra le crinoline di Martha, di Edwina e della precoce Alicia (Elle Fanning), Lolita ante litteram e con poco ritegno. Sofia Coppola adatta per lo schermo il romanzo A Painted Devil di Thomas P. Cullinan allontanandosi, almeno in parte, dal precedente La notte brava del soldato Jonathan di Don Siegel. Le passioni, ne L'inganno, non esplodono con virulenza incontrollata. Deflagrano ma con il tocco leggero di una femminilità pungente, rabbiosa ma mai sguaiata. La Coppola chiude le sue protagoniste in un universo fatto di scale ripide, di intonachi bianchi e di una natura umida, non sempre ospitale, in cui i ritmi delle giornate sono scanditi dallo stormire delle foglie e dal cambiare del colore di un orizzonte che le allieve scrutano con un binocolo dal terrazzo. La regia, premiata a Cannes, ben dilata i tempi di un racconto che vede le sue protagoniste alle prese con una routine quasi soffocante più che con la minaccia della guerra. E, anche quando niente sembra succedere, lascia magistralmente sottinteso qualcosa: che quel tirar fuori dagli armadi gli abiti migliori da parte di ogni componente del microcosmo femminile, ciascuna ansiosa di piacere al caporale, prelude a una tempesta in arrivo. Ma è proprio quando quel fiume carsico fatto di desiderio e di rivalità invisibili emerge, quando la bolla scoppia, che L'inganno rischia di deragliare. La Coppola mal gestisce la virata narrativa: si perde in un gioco troppo veloce di immagini e di sottintesi. E, anche se gli eventi sono facilmente ricomponibili, le motivazioni dei personaggi non lo sono altrettanto. In questo modo l'ambiguità, che aveva servito l'insinuante procedere della pellicola nella sua prima parte, finisce per togliere lucidità e messa a fuoco alle intenzioni della storia lasciando inutilizzato parte del suo potenziale. La sceneggiatura scricchiola e si affossa in qualche punto, incapace a tratti di restituire la densità del non detto e l'intrico di conflitti che questo porta con sé. Anche lo scioglimento ne risente. Almeno un po': più che impennarsi, infatti, L'inganno diventa vagamente rumoroso e singolarmente sovraeccitato. Come un motore che ruggisce ma senza far davvero aumentare la velocità del mezzo. A salvare il film, così, resta almeno quella regia così sicura e silenziosa, che attraversa gli spazi riempiendoli di significati inquieti. Ma evitando la banalità di trasformarli in una semplice prigione dei sensi, anche grazie alle ottime prove del cast guidato da una Nicole Kidman di abbagliante perfezione nel ruolo della regina di una tribù femminile, simile a quelle di certi insetti (Jerome Robbins ci ha costruito un celebre balletto, The Cage). Bellissima e misurata, la Kidman cesella il ruolo dribblando il rischio di farne il prototipo della direttrice zitella: la sua Miss Farnsworth è ancora giovane e affascinante, il suo raziocinio sa gestire le emozioni, tant'è che nella catarsi si rivelerà l'elemento che – in tutta la storia – ha conservato la lungimiranza più limpida. Anche quando è costretta ad essere spietata. Ottima anche Kirsten Dunst, bravissima nel palpitare d'amore sofferente e romantico. In definitiva (qui sta una delle grandi differenze rispetto al precedente filmico di Don Siegel) le donne della Virginia di Sofia Coppola non sono perfide mantidi. L'intruso maschio che inizialmente le seduce, del resto, può rivelarsi anche una minaccia. L'equivoco, piccolo o gigantesco, è dietro l'angolo nel collegio di Martha Farnsworth: per le sue abitanti, isolare ed espellere il corpo estraneo può rivelarsi una necessità per sopravvivere. (La recensione del film "L'inganno" è di Alessandro Bizzotto)
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