La recensione del film L'arte della fuga

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L'ARTE DELLA FUGA - RECENSIONE

L'arte della fuga recensione
Recensione

di R. Gaudiano
[L'arte della fuga recensione] - Tre fratelli, Antoine (Laurent Lafitte), Louis (Nicolas Bedos) e Gerard (Benjamin Biolay), sono seduti insieme alla madre (Marie Christine Barrault) intorno ad un tavolo per la colazione del mattino. Brice Cauvin, qui regista al suo secondo lungometraggio, approfitta di questa situazione per fare una sorta di radiografia alle fragilità dei rapporti di questo contesto famigliare, attraverso le cose dette e soprattutto non dette. Antoine vive con Adar, ma pensa ancora ad Alexis. Louis ama Mathilde che incontra a Bruxelles dove lavora, ma dovrebbe sposare Julie. Gérard, disoccupato e divorziato da Helen, passa gran parte del suo tempo nel negozio dei genitori e frequenta Ariel (Agnes Jaoui), donna stravagante, ma sempre disponibile ad accoglierlo in casa sua. Brice Cauvin tenta di armonizzare una famiglia i cui personaggi non si confrontano mai in un dialogo chiarificatore, sfuggendo come bisce. Anche se si parla e si parla, tutti nascondono le proprie passioni, invidie e gelosie dietro lo scudo di sentimenti superficiali e sfuggenti. In un dilagare d'incontri di false apparenze, di frettolose comunicazioni telefoniche, di fortuiti amplessi, la composizione del ritratto di questa famiglia appare a tratti sfuggevole, per poi ricompattarsi in un bisogno di amore e disponibilità parentale. "L'arte della fuga" nella disfunzionalità di questo rapporto famigliare, riesce anche a raccontare il privato di ognuno, nelle limitazioni soggettive, nei timori e nelle stesse angosce che strutturano la quotidianità dei tre fratelli, includendo, per il rotto della cuffia, gli ossessivi genitori, proprietari di un negozio d'abbigliamento purtroppo sull'orlo del fallimento. Tuttavia Cauvin prospetta più chiavi di lettura nel fotografare la complessità della vita dei singoli fratelli e le loro relazioni, filtrando il tutto attraverso quel soggetto sociale che è appunto la famiglia, che travalica le vite di ognuno dei fratelli. "L'arte della fuga" appare tout court un caleidoscopio sui rapporti famigliari della nostra contemporaneità, rapporti universali, che inevitabilmente assumono forme dilatate al di fuori dello stesso contesto famigliare. Così è per il triste Antoine, alla ricerca di una relazione stabile, del libertino e sibillino Louis, del fragile Gerard, succube ancora della costrizione genitoriale da cui tenta di fuggire rifugiandosi a casa di Ariel. Tratto dall'omonimo romanzo americano di Stephen McCauley, "L'arte della fuga" mette a fuoco gli stessi rapporti di coppia che subiscono alti e bassi e soffrono di mancanza di certezze consolidanti. Nell'intreccio delle vite dei tre fratelli, emergono soprattutto le inquietudini che tratteggiano l'introspezione psicologica trattata dal regista con sapiente leggerezza di commedia dolce-amara. Un cast di alto livello che sostiene molto bene la caratterizzazione dei personaggi di cui Cauven e Raphaëlle Desplechin curano la solida realizzazione nella sceneggiatura. Alla fine Cauvin è andato molto vicino a mettere in luce un'autenticità di vite intrecciate in rapporti famigliari, approfondendo il tema e aprendo anche ad una corretta riflessione critica. (La recensione del film "L'arte della fuga" è di Rosalinda Gaudiano)
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