La recensione del film Knight of Cups

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KNIGHT OF CUPS - RECENSIONE

Knight of Cups recensione
Recensione

di Federico Medea
[Knight of Cups recensione] - A 3 anni dall'uscita dell'ultimo film ("To the wonder" (2012)) e dopo una travagliata post – produzione in sala di montaggio, esce finalmente anche in Italia, "Knight of cups". Il titolo fa riferimento alla carta dei tarocchi del cavaliere di coppe e già qui qualcuno potrebbe storcere il naso, in particolare i (non pochi) detrattori dell'atipico cineasta americano. Perché diciamolo francamente, intitolare la propria opera e suddividerla in più capitoli facendo riferimento al mondo dei tarocchi, risulta strano anche per uno come Terrence Malick. Ma come dimostra la sua lunga carriera, Malick non è uno facilmente influenzabile, anzi, da sempre il suo stile registico è immediatamente riconoscibile e suoi film hanno costantemente diviso la critica, tra chi lo considera tra le più grandi personalità del panorama cinematografico americano, chi invece, lo considera un regista sopravvalutato, la cui regia è fin troppo ridondante e chi infine, sintetizza le sue opere banalmente, come film noiosi. Ecco personalmente, credo di trovarmi nel più totale disaccordo con quest'ultima considerazione, tutti i film di Terrence Malick, nel bene e nel male, sono un'esperienza unica di vita e di cinema; ogni immagine, ogni scena regalano emozioni difficilmente equiparabili, che raramente si riescono a riscontrare negli altri film. Dopo questa doverosa premessa, possiamo finalmente analizzare più specificatamente la sua ultima opera, che come abbiamo detto in precedenza, è intitolata "Knight of cups". Continuando sulla falsariga di "To the wonder", stavolta Malick vuole introdurci nella vita di Rick (Christian Bale), sceneggiatore di successo nella cui vita però, sembra mancare qualcosa. L'intento di Malick è quello di accompagnarci, letteralmente, in questa sorta di viaggio introspettivo che deve compiere il protagonista, affinché riesca a trovare quel tanto agognato senso alla propria vita, tralasciando però (a differenza di "To the wonder"), qualsiasi forma di eccessivo misticismo. Malick, in questo caso, ha scelto di affidarsi ad uno dei migliori attori di Hollywood in circolazione, Christian Bale, che definire criptico nella sua interpretazione, è a dir poco eufemistico. Come è solito vedere nei suoi film, anche in questo caso, si nota un protagonista silenzioso, che esprime la sua sofferenza interiore attraverso il volto sullo schermo e attraverso i propri pensieri, fuori campo. Nella sua moltitudine variegata di personaggi e incontri, il film si dilunga, lentamente ed inesorabilmente, ad una propria conclusione, a cui però difficilmente si riesce a trovare una giustificazione, poiché il film risulta fin troppo frammentato e scollegato. Si ha come l'impressione che l'approccio del regista sia eccessivamente distaccato, affinché lo spettatore riesca ad addentrarsi veramente nella vita del protagonista. Quel che rimane quindi, è una serie di incredibili immagini (grazie alla splendida fotografia del 3 volte premio Oscar Emmanuel Lubezki), a cui però sfortunatamente, non si riesce ad accompagnare alcun valido significato nello sviluppo della storia del protagonista. In un certo senso, la vita di Rick sembra un po' rispecchiare il recente Malick e il suo essere regista, molto bella a vedersi, ma nella sostanza, povera di contenuti. Dopo lo straordinario e meritato exploit ottenuto con "The tree of life" (2011), Malick non si è più ripetuto e quel tocco magico che aveva contraddistinto le sue prime opere (in particolare il suo film più famoso ed emozionante, "La sottile linea rossa" (1998)) sembra andato perduto, almeno parzialmente. (La recensione del film "Knight of Cups" è di Federico Medea)
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