[
Jungle Cruise recensione] - Con le quotazioni in ribasso della saga dei Pirati dei Caraibi, colpa di ultimi capitoli snervati (e snervanti) e di un Johnny Depp sul viale del tramonto, la Disney aveva bisogno di un nuovo brand
per tentare di ripetere quel successo, per tanti versi meritato, e lo trova ispirandosi, come allora, in un'altra celebre attrazione dei proprio parchi gioco, Jungle Cruise appunto. La previsione la azzardiamo subito: il successo dei Pirati dei Caraibi, almeno stavolta, non verrà bissato. Il primo errore della Disney è forse quello di voler cambiare senza cambiare. Gli ingredienti infatti sono gli stessi: avventura, esotismo, magia, maledizioni, leggerezza, romanticismo, un pizzico di horror purchè non faccia paura. Va da sè però che ingredienti uguali se miscelati in dosi e modalità diverse danno risultati completamente diversi. Se nei Pirati dei Caraibi tutto era giocato sull'ambiguità, a partire dal suo protagonista Jack Sparrow, in Jungle Cruise tutto è lapalissiano, bidimensionale, di sconcertante banalità. Piatta la sceneggiatura, firmata da Glenn Ficarra e Jon Requa che non trovano di meglio che piazzare a tre quarti di film il solito spiegone a delucidarci sul pregresso, piatta la regia, di Jaume Collet- Serra che i più forse ricorderanno per alcune improbabili pellicole con Liam Neeson, piatti tutti i personaggi, nessuno escluso, a cominciare dal Frank Wolf interpretato da Dwayne Johnson a cui vogliamo bene ma, insomma, per diventare il nuovo Clark Gable di strada ne ha ancora tanta da percorrere. Perchè se c'è molto dei Pirati dei Caraibi, se c'è qualcosa che ricorda la Mummia, quella con Brendan Fraser, è anche evidente il tentativo (che era già nella Mummia) di recuperare il gusto retrò dei film di avventura degli anni '50, con i continui battibecchi tra lui, burbero e cinico, e lei, ingenua e indomita, e mille peripezie dopo, l'happy end all'insegna dello scoccare dell'amore tra i due. Ma anche qui il confronto è impietoso: le gag di Jungle Cruise hanno il fiato corto, la brillantezza delle situazioni latita laddove dovrebbe spumeggiare, lo sviluppo della vicenda avanza meccanico, senza un vero crescendo e senza nessun reale elemento studiato per destare intrigo o passione nello spettatore. Jungle Cruise segna anche un incomprensibile quanto deciso passo indietro per quanto concerne gli effetti visivi, soprattutto se paragonati a quelli dei Pirati dei Caraibi, là davvero all'avanguardia, qua goffi e approssimativi, si veda l'orribile giaguaro in CGI, roba da chiedersene davvero il senso e forse sta proprio lì la risposta rivolgendosi il film probabilmente ad un pubblico di under 10 più a suo agio con i toni definiti che non con l'eccesso di sfumature. Noi ci accontentiamo per la presenza, ancorché martoriata dalla computer grafica, di Edgar Ramirez: si vede poco, ha ancor meno gloria ma che volete!?, noi siamo gente che si accontenta.
(La recensione del film "
Jungle Cruise" è di
Mirko Nottoli)
- Vai all'
archivio delle recensioni
- Lascia un commento, la critica o la tua recensione del film "
Jungle Cruise":