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Judy recensione] - Sappiamo quanto Hollywood ami celebrarsi, quanto ami celebrare se stessa attraverso i biopic delle sue star più o meno famose, l'occasione di rappresentare il cinema nel cinema, la diva che interpreta un'altra diva, l'interpretazione mimetica, la rievocazione nostalgica di un'epoca mitica come l'età d'oro del cinema. Abbiamo visto film su Grace Kelly, James Dean, Stanlio & Ollio, Charlie Chaplin, Ed Wood, Peter Sellers, Marilyn Monroe e ora Judy Garland. Sappiamo anche come Hollywood ami celebrarsi fingendo di denigrarsi, in quella maniera un po' paracula tipica di Hollywood. Le traiettorie esistenziali che preferisce raccontare sono infatti le parabole discendenti, quelle che vanno dalla stelle alle stalle, quelle che affondano in un passato fulgido e conducono ad un presente complicato. Perchè è più facile provare compassione per qualcuno finito nella polvere che ammirazione per qualcuno all'apice del successo. In Judy, di Rupert Goold, regista poco più che esordiente, troviamo la ex-star del Mago di Oz alla soglia dei 47 anni, impegnata in una serie di concerti a Londra che avrebbero lo scopo di rilanciarne la carriera. A 47 anni Judy Garland è sull'orlo del baratro, alcolizzata, depressa, insonne, aspirante suicida, 4 matrimoni falliti alle spalle (tra cui anche quello con Vincent Minnelli su cui però il film sorvola), due figli a carico, senza un soldo e senza una casa. Colpa del produttore cattivone che ai tempi del Mago di Oz la faceva lavorare 18 ore al giorno e non la faceva mangiare per timore che ingrassasse, colpa delle pillole che le facevano ingurgitare, colpa dell'ex marito che sperperava al gioco i soldi da lei guadagnati, colpa del pubblico becero che pagando un biglietto pretende che chi sale sul palco non si presenti ubriaco fradicio come fa lei per cui la fischia e la contesta insensibile del dramma che sta vivendo. Insomma, sempre colpa di qualcun altro. Del resto si sa, dura la vita della superstar, idolatrata in tutto il mondo, dotata dalla natura di un talento straordinario, costretta a vivere in hotel di lusso e ad esibirsi ogni sera in locali prestigiosi, altro che svegliarsi tutti i giorni alle 7 di mattina e prendere l'autobus per andare al lavoro. Protagonista, candidata all'Oscar (e già vincitrice del Golden Globe) Renée Zellweger in una miriade di faccette e smorfie moleste. Ci sono anche il buon Rufus Sewell, Michael Gambon e Finn Wittrock nei panni dell'ultimo marito di Judy totalmente fuori contesto così come lo è l'intera vicenda, appiccicaticcia, della coppia gay. Gran finale con Somewhere over the rainbow.
(La recensione del film "
Judy" è di
Mirko Nottoli)
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