di R. Gaudiano
[
Jojo Rabbit recensione] - Una favola, così possiamo definire "Jojo Rabbit" del regista neozelandese Taika Waititi, di madre ebrea e padre maori, che fa del pregiudizio il filo conduttore di questa arguta e sarcastica favolistica commedia. L'inizio del film apre con inserzioni di ritagli di filmati di repertorio dell'epoca, che inneggiano al nazismo, alla persona del Führer, con mani alzate che si sfiorano, mentre le note di Komm Gib Mir Deine Hand, dei Beatles, accompagnano la corsa in discesa di un bambino biondo con la divisa da nazista, che con le braccia al vento pare che vada alla conquista del mondo intero. Johannes Betzler detto Jojo (Roman Griffin Davis) è un vivace bambino tedesco di dieci anni, che vive con spirito patriottico gli anni del secondo conflitto mondiale, anni in cui la Germania si identifica con totale dedizione nella persona del Führer. Ed è proprio Hitler in persona l'amico immaginario di Jojo, bambino che con orgoglio calca le fila della gioventù hitleriana, mentre in casa, sua madre Rosie (Scarlett Johansson) nasconde Elsa Korr (Thomasin McKenzie), un'adolescente ebrea. Ma Jojo odia gli ebrei, o perlomeno così gli hanno insegnato, nonostante non sappia proprio nulla di loro. Scoprire Elsa in casa propria è per Jojo l'inizio di una messa in discussione delle sue certezze, anche quella che più gli sta a cuore, l'amicizia con Hitler. L'estro cinematografico di Taika Waititi qui si veste di un affascinante senso dell'ironia nel raccontare, con un messaggio metacinematografico, la drammaticità dell'odio razziale in chiave di commedia satirica. Jojo è il bambino che come un ramoscello d'ulivo può piegarsi ad un'educazione che ha come base l'odio e la morte. La scena in cui Jojo viene incitato dai suoi comandanti a spezzare il collo ad un inerme coniglietto è emblematica nel prospettare il dovere come dedizione ad ogni forma di odio, senza porsi alcuna spiegazione. Ma è nel dialogo che tutto può cambiare, ed è soprattutto il pregiudizio che cambia maschera ed assume il volto onesto di chi si voleva annientare, uccidere. Elsa sarà l'alter ego di Jojo, l'ebrea, la persona, alla fine amica. Taika Waititi trae l'idea dal romanzo di Christine Leunens, del 2004, "Caging Skies", in Italia pubblicato con il titolo "Come semi d'autunno", inserendo la novità geniale dell'amico immaginario del piccolo Jojo. Su un registro che predilige la commedia satirica, "Jojo Rabbit" si veste di drammaticità al momento opportuno riuscendo a mediare con palpabile sarcasmo il messaggio universale di quanto sia nefasto e distruttivo il pre-giudizio, l'idea pre-costruita, che spesso viene usata come forma di potere assoluto sulle coscienze dei popoli e soprattutto dei bambini. Vincitore del People's Choice Award al Festival di Toronto 2019, Film d'apertura del Torino Film Festival 2019, il film si veste di colori vivaci ed ambientazioni eleganti, che si contrappongono con arguzia alla drammaticità degli eventi di quel nefasto momento storico, che il regista sottolinea con la scena dell'incursione della Gestapo in casa di Jojo, quando in poco più di un minuto per 34 volte viene ripetuta l'esclamazione al saluto "Heil Hitler". Alla fine, "Jojo Rabbit" si annovera senza riserve tra i film di formazione in cui prevale l'importanza dell'educazione e la sua giusta funzione pedagogica per ogni età, come ribadisce, Rosie Betzler, la madre di Jojo, quando rivolgendosi al figlio lo ammonisce dicendo: "Cresci troppo in fretta! A dieci anni non si dovrebbe esaltare la guerra e parlare di politica, dovresti arrampicarti sugli alberi e poi cadere di sotto". E nella misurata regia, l'interpretazione del piccolo Roman Griffin Davis è superlativa nel personaggio di Jojo.
(La recensione del film "
Jojo Rabbit" è di
Rosalinda Guadiano)
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