La recensione del film It

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IT - RECENSIONE

It recensione
Recensione

di Mirko Nottoli
[It recensione] - Alzi la mano chi ha storto il naso alla notizia del rifacimento di It. In tanti. Anche noi. Primo perché la versione televisiva in due puntate del 1990 non era venuta un granché bene e sembrava pertanto un capitolo chiuso (colpa di un budget limitato e di effetti speciali da mani nei capelli anche se, gliene va dato atto, il Pennywise di Tim Curry lasciava il segno così come alcune sequenze horror), secondo perchè chi ha letto il libro, 1200 pagine belle piene, sa quanto sia complicato tradurlo in immagini, considerato il rischio incombente di deragliare ad ogni curva (rischio tra l'altro che corre sempre anche lo stesso Stephen King e spesso è il primo a cascarci). Muschietti alla regia e Fukunaga "True Detective" sceneggiatore ci hanno invece fregato, positivamente, ricorrendo al classico uovo di Colombo ovvero prendendosi le licenze necessarie per correggere le traiettorie del racconto più irte di insidie e, e sta qui il vero uovo di colombo, realizzando solo metà del voluminoso romanzo, già di per sé costruito su due parti distinte, sebbene intersecate e intersecanti. Ne esce un concentrato del Stephen King che preferiamo, quello di Stand by me e Cuori in Atlantide, quello della rievocazione, nostalgica e amara, dell'adolescenza, quello del romanzo di formazione, quello della provincia rurale americana ma che è anche italiana, di piccoli paesi che non esistono più, di corse in bicicletta e ginocchia sbucciate e tuffi nel fiume e pomeriggi passati ad inventarsi avventure inesistenti. Dove la realtà e la fantasia di una fervida mente di un ragazzino si intrecciano a tal punto che quelle avventure così intensamente immaginate possono diventare vere. E' vero che il sonno della ragione genera mostri ma è altrettanto vero che sono gli eroi a sconfiggere i mostri. Paradossalmente lo Stephen King che preferiamo è lo Stephen King in cui la componente horror è minoritaria, non assente, perché anche in questo It c'è e fa paura, però assume una posizione subalterna o comunque funzionale alla descrizione dei personaggi, al formarsi dei loro caratteri, al rinsaldarsi o meno dei loro rapporti. L'aspetto sovrannaturale, magico, meraviglioso funziona come un megafono in cui i tratti dei personaggi possano venire amplificati e meglio trasmessi, un gruppo di ragazzini, nel passaggio cruciale tra l'età adolescente e l'età adulta secondo un archetipo che da I goonies in poi è diventato appunto archetipo: c'è il ciccione che fa tenerezza, l'occhialuto lingualunga, quello apparentemente più sgamato, il capobanda un po' sfigato e ovviamente c'è lei, l'elemento altro, inclusivo e divisivo, perturbante e rassicurante al contempo, che l'attimo prima neanche vedevi e un attimo dopo non puoi più farne a meno. Lo slittamento in avanti della vicenda, dagli anni '50 agli anni '80 rende questo collegamento ancora più stretto come più stretto è il collegamento che si crea con la stragrande maggioranza del pubblico che negli anni '80, quando uscì, It lo lesse. Il secondo capitolo è già stato annunciato e ritroveremo uno spaventoso Bill Skarsgard nei panni di Pennywise e tutti i nostri giovani protagonisti di 27 anni più vecchi. L'unico cruccio è che non potremo rivedere la Beverly di Sophia Lillis, una somiglianza sbalorditiva con Amy Adams (magari sarà lei la Beverly adulta) e un viso e uno sguardo che incantano. (La recensione del film "It" è di Mirko Nottoli)
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