di R. Baldassarre
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Io danzerò recensione] - Tratto dal romanzo "Loïe Fuller, danseuse de la Belle Epoque" di Giovanni Lista, Io danzerò va a immortalare, a 24 fotogrammi al secondo, un altro personaggio storico-artistico. Però, piccola annotazione a margine, un biopic rispettoso della figura della Fuller ma con piccole licenze cinematografiche. Restia nel farsi immortalare, seppure molto attenta ad amministrare il suo repertorio e le sue innovative invenzioni, della Fuller ci rimangono solo una manciata di brevissimi filmati che mostrano la sua arte. Filmati girati, tra l'altro, anche dai Fratelli Lumiére. Artista geniale, soprattutto per la corposa teoria matematica e chimica che stava dietro le sue performance, la sua danza travalicava il ballo classico (non si considerava assolutamente una ballerina) per approdare a una forma completa di espressione artistica. La sua corporea "Danse Serpentine", nel vorticoso movimento, si astraeva e, grazie a giochi di luce e di riflessi di specchio, diveniva "video arte" ante-litteram. Ma dietro l'artista, tanto affermata e apprezzata a suo tempo, quanto – quasi – dimenticata oggi, c'era una donna caparbia che si scontrava con un mondo maschilista. Oltre a non essere una donna affascinante (tanto aggraziata sul palco, quanto goffa nel quotidiano), era anche omosessuale. La trasposizione in immagini di questa mirabile figura che, come già accennato, era un "avo" del cinema, intesa come creatrice di "storie in movimento", è dovuta a Stéphanie Di Giusto. Artista poliedrica (fotografa, direttrice artistica, autrice di videoclip, installatrice di video-mostre), con La danseuse firma il suo debutto registico. Esordio nel lungometraggio mainstream, quindi, che conferma le sue doti e i suoi acerbi limiti. Innanzi tutto la Di Giusto, innamoratasi del libro e del personaggio che raccontava, comprende bene l'impatto visivo che hanno avuto, all'epoca, le esibizioni della Fuller (da aggiungere, quindi, che le "danze serpentine" possono anche essere antenate delle installazioni video odierne). E l'empatia tra la regista e la geniale danzatrice si amplifica essendo ambedue donne che devono maggiormente lottare per realizzare il loro lavoro. Ma i pregi di Io danzerò, oltre a un'elegante messa in scena, con la raffinata fotografia di Benoît Debie, e un "incipit" western degno di Clint Eastewood (la morte del padre della Fuller), si fermano qui. La Di Giusto, nel confrontarsi con un'opera visiva che richiede una narrazione classica, non riesce a far volteggiare e rendere leggiadra la trama. Spesse volte la storia s'impantana e si adagia su momenti melodrammatici con scene altisonanti (ad esempio la morte di Louis). Ma al netto di ciò Io danzerò conferma come il cinema francese sappia coniugare lo spettacolo popolare con il gusto culturale.
(La recensione del film "
Io danzerò" è di
Roberto Baldassarre)
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