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IERI OGGI E...

IN THE MOOD FOR LOVE di Wong Kar-wai

di Michele Canalini
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi CAPOLAVORI del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per capire se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno presi in esame solo opere che all'epoca venivano considerati CAPOLAVORI per capire, analizzando il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere, circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali o, ETERNI anche OGGI e DOMANI.
In una piovosa e cupa Hong Kong degli anni sessanta si svolge la storia del signor Chow e della signora Chan, due anonimi impiegati all'interno della vita di una grande e famosa città dal respiro internazionale, luogo di diverse culture ed etnie. Lui è un giornalista in una minuscola redazione di un quotidiano, lei è una segretaria in una ditta di trasporti. L'esistenza di ogni giorno è ripetitiva, scandita da rituali lavorativi monotoni e noiosi. Lui è sposato, lei è sposata. I loro rispettivi coniugi sono impegnati in lavori che li costringono a lunghe permanenze all'estero. Il signor Chow un giorno si trasferisce in un piccolo appartamento nella grigia periferia della città; anche la signora Chan si trasferisce nello stesso edificio e trova sistemazione nell'appartamento vicino a quello del signor Chow, ospite di una famiglia numerosa e molto affettuosa. Ed ecco che le vite ripetitive e monotone del signor Chow e della signora Chan si intrecciano, le loro esistenze si rispecchiano nella coincidenza della lontananza dei rispettivi consorti, i loro sentimenti lentamente si sfiorano, la loro attrazione gradualmente si stringe attorno ad essi. È l'inevitabile quanto umana "voglia di amore". Una voglia inevitabile più che mai, perché i sentimenti ci sono, non si possono negare; e perché emerge una dura quanto mai inaspettata verità: i rispettivi coniugi, in realtà, sono amanti segreti o così sembra, e al signor Chow e alla signora Chan non resta che la consolazione di un conforto comune e reciproco. Ma il conforto può anche diventare qualcosa di più, forse amore, perché è una tendenza umana, una "voglia" naturale appunto. Ma quale amore si prospetta tra il signor Chow e la signora Chan? Non dobbiamo aspettarci la storia di una passione irresistibile e clandestina tra due persone deluse dalla vita, oppure un flirt inevitabile scelto come vendetta nei confronti degli "altri": quello che sembra lo stereotipo di un melò dalle forti tinte sentimentali diventa invece un saggio di maestria descrittiva di piccole sensazioni, un esempio di disegno di innumerevoli e impalpabili emozioni che crescono senza mai sbocciare, di inquadratura di mani che si cercano continuamente ma alla fine non si stringono. Il regista Wong Kar-Wai crea con le sue immagini una dimensione "altra", fatta delle tante piccole cose della vita, dei suoi insignificanti particolari così carichi di valore: dalle tende rosse in un corridoio che ondeggiano al vento, alle solitarie rampe di scale di palazzi senza inquilini, dagli angoli di squallide vie evitate dai passanti, fino allo stanzino di retro di una portineria di albergo dove si sussurrano, nascoste, le voci dei coniugi amanti che si parlano ma non si mostrano mai. Sono questi gli scenari del film. Gli unici veri protagonisti, però, sono il signor Chow e la signora Chan che nel loro anonimato e nella loro abitudinarietà ad una vita piatta diventano i catalizzatori diegetici dei sentimenti degli spettatori che sempre più seguono le loro vicende e sempre più parteggiano per loro. È una pellicola del 2000 ma per stile e per certe cadenze teatrali sembra un lungometraggio di cinquant'anni fa. Eppure è modernissima. Se si dovesse consigliare questo film ad un amico, non si farebbe fatica a raccontarne la trama perché questa è fondamentalmente breve e priva di sviluppi significativi. Eppure la sensazione che lascia questo film è quella di una pellicola bellissima, un capolavoro. Un capolavoro perché l'atteggiamento mai sopra le righe del signor Chow conquista la simpatia dello spettatore accattivandosi la sua amicizia, mentre i diversi vestiti che ogni volta la signora Chan indossa sono un fantastico repertorio della varietà dell'abbigliamento orientale; un capolavoro perché la colonna sonora di Michael Galasso regala un incalzare di emozioni senza tregua, che lascia sempre in sospeso lo spettatore; un capolavoro perché le ambientazioni descrivono non gli spiazzi di una metropoli frenetica e indifferente, tra grattacieli e infinite luminarie, ma gli ambienti chiusi di stanze soffocanti e i vicoli umidi di quartieri bagnati dalla pioggia e illuminati da lampioni spioventi; un capolavoro perché si cerca disperatamente il sogno di una storia d'amore che nei suoi misteri, nelle sue reticenze e nei suoi rimpianti resta alla fine inesaudito. Il film è bello, affascinante, discreto e coinvolgente. E non è un paradosso, questo. E il finale è ancora più suggestivo, poetico. Un uomo, da solo, si aggira tra le rovine del vecchio edificio buddhista di Angkor Wat, là solo dove lo scorrere del tempo ha lasciato inesorabilmente le sue tracce sul resto delle testimonianze umane. Tra i corridoi di questo tempio, un uomo cammina e rivela la sua vicenda a una fessura di quelle mura millenarie, per far sì che il suo segreto venga custodito eternamente. Senza che nessun altro venga mai a conoscerlo. Dall'alto di una terrazza, un giovane monaco lo osserva, in rispettoso silenzio. Poi l'uomo se ne va, perché il suo segreto è ora al sicuro. Per sempre. Come lo è stato nel suo cuore IERI e come lo sarà OGGI E DOMANI per il resto dei giorni.



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