[
In fondo al bosco recensione] - Le feste popolari del fuoco si rifanno ad usanze secolari. Alcune, con caratteristiche d'intimità familiare e comunitaria, si connotano anche rispetto al periodo dell'anno in cui vengono celebrate. Ed è così che ogni 5 dicembre, dalla notte dei tempi, in un piccolo villaggio di montagna, gli abitanti condividono la festa dei Krampus. Tutti, mascherati da diavoli, sfilano in un notturno baccanale intorno ad enormi fuochi accesi, fino a quando le prime luci dell'alba non interrompono la festa purificatrice. La maschera del Krampus è un travestimento orrifico e demoniaco, che nasconde il lato oscuro delle persone. Il 5 dicembre del 2010, durante uno di questi baccanali, sparisce nel nulla un bambino, Tommaso Conci. Tra fuochi scoppiettanti che invadono il cielo notturno di questo paesino montagnoso, maschere demoniache esorcizzano il male. Ma il male è in agguato, sempre. Ed è proprio la famigliola di Manuel (Filippo Nigro) e Linda (Camilla Filippi), genitori del piccolo Tommi, ad essere colpita dal male. Di tutto questo tragico fattaccio, viene accusato Manuel, il padre, che ha trascorsi di alcolismo e violenza. Cinque anni dopo, in un cantiere della periferia di Napoli, viene ritrovato un bambino senza nome e documenti. Questo bambino viene riconosciuto dal commissario di quel paesino di montagna, Hannes Ortner (Stefano Detassis), come lo scomparso Tommaso Conci. Il riconoscimento viene convalidato definitivamente con l'esame positivo del DNA. Ma qualcosa non quadra nel presunto ritrovamento di Tommi. Linda, sua madre, sente che non è suo figlio. "In fondo al bosco" è il secondo lungometraggio del giovane regista Stefano Lodovichi dopo il premiato "Aquadro". Un thriller che presenta molti riferimenti a efferati rapimenti ed uccisioni di bambini avvenuti in Italia in questi ultimi anni, come il delitto di Cogne. Fatti che hanno sconvolto l'intera nazione, ma soprattutto dividono e lacerano le famiglie colpite. Ed è appunto questo che "In fondo al bosco" racconta. Una storia brutta, avvolta in un oscuro mistero che Lodovichi sviluppa avvalendosi di silenzi ed immagini inquietanti, di sguardi persi nella disperazione, dove la speranza balugina, avvolta dalle rosse fiamme del fuoco, divorata, perché sono in molti a conoscere una verità che non può dare più nessuna speranza. L'unico che non sa cosa sia realmente accaduto la notte del baccanale è Manuel, l'accusato. Ma Manuel è anche colui che riuscirà a cogliere il buono da questa comunità chiusa socialmente, costretta tra alte vette montagnose. Luoghi, che proprio perché isolati, sono abitati anche da esasperazioni esistenziali e pericolosi disturbi della personalità. Ma è nel rapporto tra Manuel ed il suo presunto Tommi che la trama coglie quel senso positivo della vita che scorre. Il film, nel racconto puntiglioso di una famiglia disfunzionale attraverso un'esasperata ma poco riuscita caratterizzazione dei personaggi, esagera nella lentezza scenica e in una recitazione poco fluida, colpa anche di una regia che stenta ad essere convincente. Il riscatto avviene nel finale, dove l'opera recupera abbastanza bene una buona dinamica stilistica. La fotografia di Benjamin Maier rende un ragguardevole omaggio alla naturale bellezza scenica delle valli trentine che sonnecchiano maestose ad ogni calare delle tenebre notturne.
(La recensione del film "
In fondo al bosco" è di
Rosalinda Gaudiano)
- Vai all'
archivio delle recensioni
- Lascia un commento, la critica o la tua recensione del film "
In fondo al bosco":