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Il sole a mezzanotte recensione] - In principio vi fu Nicholas Sparks, e i teen-drama iniziarono a proliferare sugli scaffali delle librerie. Un successo di genere talmente ampio da dilagare e, come onde concentriche scaturite dal lancio di un sasso nel mare calmo, colpire per poi influenzare romanzi destinati a chi adolescente non lo è più da qualche tempo (si pensi solo a "Io prima di te"). E fu così che, in uno schiocco di dita e milioni di copie vendute, quelle pagine di carta si trasformarono in immagini in movimento. L'ultimo erede di questa infinita serie di storie strappalacrime (o perlomeno così dovrebbero essere nelle intenzioni iniziali dei loro autori) con al centro adolescenti problematici o affetti da malattie, è "Il sole a mezzanotte", film firmato dal regista di video musicali Scott Speer con protagonisti Bella Thorne e Patrick Schwarzenegger. Remake del giapponese Taiyo no uta del 2006, la sinossi de "Il sole a mezzanotte" è tanto semplice quanto la sua messa in scena: la giovane Katie Price (Bella Thorne) è una diciassettenne la cui vita è limitata dalle quattro pareti della propria casa a causa di una rara malattia che rende per lei mortale anche la minima esposizione alla luce diretta del sole. Una sera, uscita finalmente di casa per andare a suonare alla stazione dei treni, Katie incontra Charlie (Patrick Schwarzenegger), quel bambino che osservava tutti i giorni dalla finestra e di cui ha sempre provato un certo interesse. Il resto è facilmente intuibile e basta aver visto giusto qualche altro film appartenente al genere per ipotizzare come la pellicola andrà a finire.
Il problema principale del film è il background artistico di Speer, dal quale lo stesso regista non riesce a distaccarsi. A differenza di autori come Edgar Wright, o Spike Jonze, che hanno saputo trasformare il proprio passato da registi di videoclip in un plusvalore da aggiungere alle proprie opere cinematografiche, Speer finisce per elaborare l'intera opera proprio come se fosse un lunghissimo video musicale della durata di novanta minuti. Ciò comporta un eccessivo sfruttamento degli inserti musicali, con Katie che strimpella alla chitarra, cantando davanti a passanti fermatesi inspiegabilmente ad ascoltarla e a battere le mani a tempo, come se si trovassero in uno dei più tipici e canonici video pop. La tematica dell'amore che scaturisce dalla malattia viene dunque qui declinata in modo deludente, tanto da sprofondare in una tediosità pretenziosa che tanto vorrebbe comunicare, senza colpire mai lo spettatore. L'effetto che ne deriva è quello di assistere a una performance di Taylor Swift su quello che un tempo era il caro e vecchio canale di musica MTV, piuttosto che un film al cinema. La narrazione è costantemente piatta, priva di climax o punti di svolta drammatici capaci di sconvolgere emotivamente lo spettatore. La stessa Thorne non riesce a recidere i fili che la tengono legata a una performance attoriale in puro stile Disney Channel, impregnata di smorfie e faccette che a lungo andare finiscono per snervare lo spettatore. Patrick Schwarzenegger, dal canto suo, ce la prova tutta a non essere solo il bello della situazione, ma proprio non riesce a caricare di profondità e introspezione il proprio personaggio.
Sicuramente quelli elencati sono limiti e mancanze che non fermeranno i giovani a correre in sala e, chi sghignazzando, chi abbracciandosi perché al primo appuntamento, cercare di creare (forse inutilmente) una relazione empatica e di immedesimazione con i protagonisti sullo schermo; ciononostante, se ogni generazione vanta un proprio teen-romance, "Il sole a mezzanotte" non ha le potenzialità narrative e visuali per potersi imporre come quello degli anni duemila e dieci.
(La recensione del film "
Il sole a mezzanotte" è di
Elisa Torsiello)
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