La recensione del film Il regno d'inverno

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IL REGNO D'INVERNO - RECENSIONE

Il regno d'inverno recensione
Recensione

di R. Gaudiano
[Il regno d'inverno recensione] - Centonovantasei minuti, eppure il tempo non si è mai fermato durante la proiezione dell'ultima opera cinematografica del regista turco Nuri Bilge Ceylan, "Il regno d'inverno", premiato a Cannes con la Palma D'Oro. Come le grandi figure di artisti rinascimentali, Nuri Bilge Ceylan è capace di esprimersi attraverso mezzi e linguaggi diversi, restando sempre fedele a se stesso e alle sue tematiche privilegiate espresse attraverso il cinema, come la fotografia, la forza del paesaggio, i personaggi, i luoghi. In "Winter Sleep" la parola prende il sopravvento sui silenzi, il dialogo annuncia la rivalsa, il conflitto aperto, il cambiamento. Aydin (Hanuk Bilginer) è un attore che dopo essersi ritirato dalle scene, fa lo scrittore e gestisce un piccolo albergo nel cuore dell'Anatolia dove vive insieme alla giovane moglie Nihal (Melisa Sözen). Tra marito e moglie il rapporto è alquanto freddo. Con loro vive anche la sorella di Aydin, Necla (Demet Akbag), depressa e scontenta perché costretta a vivere in casa del fratello dopo la fine del suo matrimonio. L'inverno è lungo in quel villaggio rupestre dell'Anatolia. La neve sembra quasi che ammanti la vita stessa, costringendola in un letargo forzato. E in quell'albergo, in quella casa dagli anfratti scolpiti nella roccia, i tre personaggi trovano rifugio dalle intemperie, ma non dalle loro laceranti frustrazioni. Il regista turco ancora una volta riesce a riflettere in modo originale sul mezzo cinematografico, sui suoi limiti, sulle sue trasformazioni, sulla sua etica. "Winter Sleep" ne è la conferma. La scena è la protagonista per eccellenza in questo film in cui simboli, metafore e allegorie costruiscono il significato profondo delle vite di tre personaggi in un girotondo di dialoghi lunghi e potenti, purificatori. Nuri Bilge Ceylan è esigente e rigoroso nel ritrarre un'umanità costretta nella morfologia di un paesaggio affascinante e maestoso, ma isolato tra le montagne e circondato da brulle distese deserte. Sorprende e commuove come l'assiomatica dello sguardo che caratterizza i personaggi del film renda alla perfezione la certezza di uno sguardo come sguardo sul mondo, oltre quei limitati confini di quel villaggio rupestre. "Winter Sleep" è un'idea di arte cinematografica agli antipodi rispetto ai film hollywoodiani e alla loro opera di standardizzazione del linguaggio cinematografico. La scena del cavallo che quasi moribondo riesce ad uscire dal fiume racchiude, da sola, tutta la metafora della forza della vita da vivere. Una vita che Aydin stesso alla fine decide di vivere secondo le proprie ormai non più giovani forze, ma nel suo ambiente, nel suo studio, circondato dalle sue cose e soprattutto dal suo affetto più caro, Nihal. Tutto in "Winter Sleep" è calcolato alla perfezione. Dalla luce quasi caravaggesca degli interni che si contrappone alla luminosità accecante di un paesaggio sommerso dal candore soffice del manto nevoso, all'ottima sceneggiatura e alla straordinaria recitazione dei personaggi guidati da una mano registica infallibile. Un film che impegna nella visione, non c'è dubbio, ma lo spettatore viene invitato a far appello alla propria intelligente sensibilità per completare l'opera del regista. (La recensione del film "Il regno d'inverno" è di Rosalinda Gaudiano)
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