di R. Gaudiano
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Il professore e il pazzo recensione] - A volte succede che personaggi dotati di grande acume e capacità fuori dal comune, siano rappresentativi nello scrivere la storia della cultura umana. Sir James Murray (Mel Gibson), lessicografo scozzese, è stato uno di questi personaggi. Uomo coltissimo, pur non avendo mai conseguito diplomi superiori o laurea, Sir Murray nel lontano 1879 ebbe il nobile incarico dalla Oxford University Press di redigere un nuovo dizionario della lingua inglese, con tutte le parole in uso quotidiano, con derivazioni e citazioni letterarie, etimologiche e rispettiva pronuncia. Murray si dedicò con tutta la sua passione ed il suo sapere all'attuazione di questo celebre dizionario, chiedendo aiuto alla gente comune, ai lettori che trovavano volantini inseriti all'interno dei libri in vendita. Coinvolse tutta la sua famiglia, sua moglie e i suoi undici figli e per lui fu un lavoro assiduo e quasi ossessivo. Ma nel bel mezzo dell'opera Murray ed i suoi collaboratori ebbero una battuta d'arresto, tanto che temettero molto sul proseguimento del lavoro accademico. La ripresa del lavoro avvenne grazie al dott. William Chester Minor (Sean Penn), un chirurgo dell'esercito americano, rinchiuso nel manicomio criminale di Broadmoor perché omicida per errore di un poveretto, padre di sei figli. L'uomo Chester, con una forte personalità schizoide, è affetto da manie di persecuzione, allucinazioni. Tra Murray e il folle dottore, la storia non si esaurisce in una semplice collaborazione, ma diventa una storia di vera, sentita e splendida amicizia. L'idea del film è tratta dal romanzo del 1998 "Il professore e il pazzo" di Simon Winchester. Il romanzo entusiasmò a tal punto Mel Gibson che ne acquistò i diritti con un sogno nel cassetto, avveratosi, di una trasposizione cinematografica. Diretto dall'iraniano Farhad Safinia, con lo pseudonimo P. B. Shemran, "Il professore e il pazzo", di derivazione letteraria è una storia vera, che il cineasta riesce a raccontare con uno stile controllato, restituendo, con compassata finezza, forma e sostanza ai personaggi, agli ambienti e soprattutto alla vicenda, in un acuto ritratto di un'epoca, l'Inghilterra vittoriana, in cui il ceto accademico si forgiava di autentica supponenza. La storia scorre nel parallelo delle vite dei due personaggi, Murray e Minor, il primo immerso nel vasto oceano delle parole, il secondo prigioniero di un'ossessione dilaniante, eredità di una guerra brutale, che lo costringe in uno stato di follia altalenante. L'intreccio delle due esistenze prende consistenza sulle ali delle parole, scritte su bigliettini che viaggiano per posta e puntuali arrivano al destinatario. Murray inebriato di contentezza conosce Minor, questo suo prezioso collaboratore, fragile uomo, attanagliato nella mortificazione di un rimorso inconsolabile, che neppure la vicinanza amorevole della vedova dell'uomo ucciso erroneamente riesce a scalfire, anzi gli scatena una nuova incontrollabile ossessiva follia. "Il professore e il pazzo", nel raccontare l'evolversi di un'insolita ma solida amicizia, tratteggia momenti toccanti di miseria umana, in cui i fantasmi del passato occupano i meandri di una mente geniale, ma nello stesso tempo una forza più grande della misera cattiveria lascia che il sentimento di devozione dell'amicizia superi il buio dell'ottusità, cercando ed infine affermando la clemenza di una giustizia che riconosce la possibilità di un riscatto. Sulle note di una partitura commovente che sgorga fluida da ancestrali violini, si cristallizza la sinergia perfetta tra scenografie, recitazione e costumi impeccabili. E sullo schermo la maschera dell'uomo Minor, buca lo schermo, uno Sean Penn da Oscar, capace di esaltare all'estremo un comune spettatore.
(La recensione del film "
Il professore e il pazzo" è di
Rosalinda Gaudiano)
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