IL PADRINO PARTE 2 di F. Ford Coppola
di Veronica Ranocchi
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi film del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per comprendere se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno prese in considerazione solo opere che all'epoca vennero reputate CAPOLAVORI per sviscerare, analizzandone il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali, o ETERNI, anche OGGI e DOMANI.
Probabilmente il film più riuscito dell'intera trilogia, il secondo capitolo de "Il padrino" di Francis
Ford Coppola vanta, ad ora, diversi primati, come, ad esempio, quello di essere nelle prime posizioni
di gran parte delle classifiche dei migliori film di sempre.
Ritorna il cast del primo film, fatta eccezione naturalmente per i personaggi scomparsi nel capitolo
precedente, e il vero protagonista assoluto diventa a tutti gli effetti Michael Corleone, interpretato dal
sempre più riuscito Al Pacino. Ciò che, però, in assoluto risulta vincente in questo secondo capitolo
è l'intrecciarsi degli eventi presenti, che vedono a capo di tutto Michael Corleone, e degli eventi
passati, guidati da un giovane Don Vito Corleone, interpretato dal convincente Robert De Niro che è
riuscito ad aggiudicarsi anche la statuetta di miglior attore non protagonista agli Oscar proprio per
questo ruolo. Fra l'altro, fino agli ultimi premi Oscar, lui e Marlon Brando detenevano il record di
aver ottenuto entrambi lo stesso premio per aver interpretato lo stesso personaggio, ma in due film
diversi.
La storia riprende, in parte, da dove si era fermata con il primo capitolo, ma a questo aggiunge,
appunto, in parallelo, la storia di Don Vito Corleone, mostrando come è arrivato a ricoprire il ruolo
di Padrino, tanto amato quanto temuto da molti. Nel 1901, a Corleone, in Sicilia, il piccolo Vito
Andolini assiste impotente al massacro della sua famiglia per mano del boss Don Ciccio. Per
permettere un futuro al piccolo, questi viene fatto emigrare a New York dove si ritrova a dover vivere
praticamente da solo. Ed è proprio in America che, a causa di una svista anagrafica, il luogo dal quale
era originario viene considerato come il cognome e, quindi, Vito Andolini diventa Vito Corleone. A
New York trova lavoro presso il negozio di alimentari del Signor Abbandando, dal quale viene, però,
licenziato dopo il suo matrimonio con Carmela e la nascita del suo primo figlio, Sonny, per lasciare
spazio al nipote di Don Fanucci, boss del quartiere. Quest'ultimo, però, che continua a estorcere
denaro ricattando chiunque, non potrà nulla di fronte al giovane Vito che riesce ad ucciderlo,
iniziando in questo modo la sua ascesa nel mondo della criminalità e diventando, nel giro di
pochissimo tempo, uno dei più temuti boss mafiosi, tanto da permettersi di tornare a Corleone per
incontrare Don Ciccio e vendicare barbaramente, anche a distanza di anni, la sua famiglia.
Nel presente, invece, cioè nel 1958, vediamo Michael alle prese con l'organizzazione criminale dei
Corleone nel Nevada. Gli affari, principalmente legati al gioco d'azzardo, sembrano andare a gonfie
vele, ma il ricco e potente capitalista ebreo Hyman Roth sembra tramare per eliminare Michael.
Arriva addirittura a mandare dei sicari nella villa del nuovo Padrino che, però, falliscono nel loro
intento. Si reca, quindi, a Miami per incontrarlo facendogli credere che dubita del proprio ex
caporegime, Frankie Pentangeli. Nel frattempo è Tom Hagen ad assumere il controllo, in assenza di
Michael, e organizza un piano per controllare il senatore del Nevada che ha ricattato i Corleone. Con
uno stratagemma fa credere ciò che vuole al senatore che si trova, quindi, costretto ad accettare le
condizioni imposte da Tom Hagen e proclamare il suo rispetto per la famiglia Corleone.
Michael sta, intanto, cercando di capire chi sta facendo il doppiogioco e, a seguito del tentativo di
aggressione ai danni di Pentangeli, capisce che il traditore della famiglia è suo fratello Fredo che è
anche colui che ha introdotto i sicari nella villa del Padrino. Una volta venuto a conoscenza di questo
Michael inizia a meditare un piano, ma ordina che non venga fatto nulla al fratello finché la madre è
in vita, dal momento che non potrebbe sopportare la morte di un altro figlio, dopo quella di Sonny.
Rientrato, quindi, negli Stati Uniti a seguito della presa di potere a Cuba da parte di Fidel Castro viene
assolto dalle accuse di associazione criminale e fa immediatamente uccidere Roth. Poi, subito dopo
la morte della madre, fa uccidere anche il fratello, considerato ormai un traditore. Pensando di aver,
alla fine, ottenuto tutto ciò che desiderava, Michael può condurre una vita serena e tranquilla, ma
riceverà brutte sorprese dalla moglie Kay.
Come già detto inizialmente si tratta di un film importante che si è affermato e imposto ormai
nell'immaginario collettivo, così come la maggior parte dei personaggi, diventati delle vere e proprie
icone.
Sono e sarebbero tanti gli aspetti da analizzare a proposito di questo secondo capitolo firmato Coppola
che, sotto tutti i punti di vista, è veramente impeccabile, dalla recitazione alla regia.
Emblematico è il fatto che la scena iniziale e quella finale coincidano, mostrando un Michael
Corleone consapevole di tutto ciò che ha intorno e di ciò che si ritrova a dover, nel bene o nel male,
gestire. Se all'inizio ha la consapevolezza di essere il nuovo Padrino e di avere determinate
responsabilità nei confronti delle varie persone che ruotano intorno alla sua vita, alla fine ha una
consapevolezza diversa e, forse, più amara di ciò che ha fatto e di tutte le conseguenze alle quali
questo suo modo di agire ha portato. E' sicuramente un Michale Corleone diverso. All'inizio è diverso
dal Michael conosciuto nella prima parte del primo capitolo, mentre alla fine è diverso da quello
mostrato per tutto il secondo capitolo.
Una delle caratteristiche principali, sia di questo che del primo film, è il fatto che, nonostante vengano
presentati tanti personaggi e, per certi versi, la storia possa apparire come un qualcosa di corale, in
realtà le vicende ruotano attorno ad una figura (o due, nel caso di questo secondo capitolo) che, data
la sua potenza, il suo fascino e il suo ruolo, può essere considerato un antieroe. Se nel primo capitolo
Don Vito era riuscito a circondarsi di varie persone, i suoi figli su tutti, sui quali sapeva di poter, più
o meno, contare, nel secondo capitolo uno dei temi principali è la solitudine dell'antieroe dal
momento che Michael è sempre e costantemente solo, abbandonato a se stesso. Non può contare
veramente su nessuno perché anche le persone delle quali si fidava ciecamente lo tradiscono e lo
abbandonano (dal fratello Fredo alla moglie Kay). Vengono a mancare alcune delle certezze che lo
ancoravano a terra e lo ancoravano anche ad una maggiore umanità ed una minore spietatezza e
crudeltà che, però, per contro, è anche ciò che conferisce fascino al personaggio. In ogni caso con il
fratello riesce a trovare un'amara soluzione perché quest'ultimo si rivela fondamentalmente debole.
Con la moglie, invece, non riesce e nei suoi confronti non prova e non proverà le stesse emozioni
provate in altri contesti. Sa che lei ha ragione e sa (e lo sa e lo vede anche lo spettatore) che lei è
l'unica persona in grado di fronteggiarlo. A tal proposito naturalmente non si può non citare la scena
del litigio, sempre più forte, tra i due che rappresenta l'unico momento nel quale vengono veramente
fuori le vere emozioni di Michael, fino a quel momento abilmente celate dietro un'impeccabile
maschera, dovuta anche alla bravura di Al Pacino che è riuscito a dar vita ad un personaggio non
semplice, con mille sfaccettature, tenute sempre nascoste.
Si potrebbe quasi dedurre, sulla base di quanto appena affermato, che Michael è una sorta di
rappresentazione del cattivo per eccellenza, un demonio, il vero carnefice dell'intera vicenda, mentre
il giovane Vito rappresenta una vittima che, a seguito di alcune scelte e alcuni comportamenti, si trova
quasi costretto a fare quello che fa, come se fosse per lui inevitabile ricorrere a determinati
stratagemmi per vivere una vita del genere. Per Vito sembra tutto semplice, riuscendo ad imporsi
senza troppi problemi. Per Michael, invece, tutto si complica perché deve tenere conto di più
problematiche e deve risolvere tutte le questioni in sospeso che lo riguardano in prima persona e non
solo. Ma alla fine dei conti quello che si può comprendere dalla visione di questo secondo capitolo,
naturalmente strettamente connesso al primo, è che Vito non è buono così come Michael non è cattivo.
Come sempre succede ogni scelta compiuta è dettata da qualcosa in particolare che fa optare per una
certa direzione piuttosto che per un'altra.
Insomma un film sul quale si potrebbe disquisire a lungo e sul quale ci sarebbe da analizzare ogni
singolo istante ed ogni singola sequenza per sottolineare ancora di più l'imponente lavoro compiuto
dal regista, dagli attori e non solo. Un film che è stato e continua ad essere una colonna portante per
la storia del cinema. Lo era IERI, lo è OGGI, e lo sarà DOMANI.