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Il medico di campagna recensione] - Un medico di campagna, dopo aver saputo di aver un tumore al cervello, si vede arrivare una nuova collega che dovrà affiancarlo sul lavoro. Punto. I francesi si stanno sempre più specializzando in questo genere di "commedie drammatiche", riconducibili alla formula "la vita è bella anche quando fa schifo", per cui anche nella sfiga più nera l'esistenza fila via leggera al ritmo romantico di una ballata pop, che empatizza con l'audience giocando non proprio pulito sul terreno del sentimentalismo. Se però pellicole come Quasi amici o La famiglia Belier funzionano indiscutibilmente, grazie a sceneggiature precise come orologi, ne Il medico di campagna non si riesce a cogliere fino in fondo quale sia la materia del contendere, il core business dell'impresa, il conflitto su cui si innesta la vicenda, garbata da sfiorare l'evanescenza, elegia del medico di campagna contrapposto al medico di città, manco fossimo nell'Ottocento, senza che si capisca quali siano le virtù che devono contraddistinguere il medico di campagna rispetto a quello di città. Il medico di campagna ascolta, lavora venti ore al giorno ed è un pilastro della comunità. Mentre quello di città? E' uno stronzo che se ne frega dei pazienti? No, perchè si preoccupa della salute del protagonista (il Dustin Hoffmann d'Oltralpe, Francois Cluzet), inviandogli una collaboratrice per dargli una mano (Marianne Denicourt), e comunque lo stesso medico di campagna si presenta sufficientemente scorbutico e presuntuoso. Un secondo conflitto, tra vecchio e nuovo, tra tecnologia e tradizione, tra rimedi della nonna e sperimentazione scientifica, capace potenzialmente di offrire linfa fresca al film, potrebbe nascere qui, peccato che, come sopra, conflitto non vi sia perchè, a parte qualche scaramuccia iniziale, dovuta all'atteggiamento prevenuto del titolare, innanzitutto la giovane non è poi così giovane e, in seconda battuta, la giovane si rivela all'istante competente, laboriosa, collaborativa, accomodante e comprensiva con il vecchio. La storia d'amore tra i due è meno che suggerita e solo nel finale. Il regista Thomas Lilti, ex medico, prova a mettere in bocca del suo protagonista alcune timide riflessioni sul senso del mestiere, sulla dura battaglia della scienza contro la malattia, sulla lotta prometeica dell'uomo contro la natura, impossibile da battere. Ma sono poca cosa. La parte migliore del film è probabilmente la galleria di personaggi, descritti con sincerità e affezione, che si susseguono nell'ambulatorio del dottore, galleria che restituisce un ritratto tenero e umano della provincia, qui francese ma che è provincia a qualsiasi latitudine. Se medico di campagna deve essere allora forse meglio recuperare Doc Hollywood, film ormai dimenticato con l' indimenticato Michael J. Fox.
(La recensione del film "
Il medico di campagna" è di
Mirko Nottoli)
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