La recensione del film Il lago delle oche selvatiche

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IL LAGO DELLE OCHE SELVATICHE - RECENSIONE

Il lago delle oche selvatiche recensione
Recensione

di R. Gaudiano
[Il lago delle oche selvatiche recensione] - E' una notte tetra, la pioggia cade copiosa, un uomo ed una donna s'incontrano in una stazione di periferia. La donna chiede all'uomo d'identificarsi. Così apre il nuovo film di DIAO Yinan, regista cinese, che dopo "Fuochi d'artificio in pieno giorno", racconta con "Il lago delle oche selvatiche", la vita reale della sua Cina, lo jianghu mondo sotterraneo della criminalità e quello della gente che vive ai margini nelle periferie. ZHOU (Zenong HU Ge) è un capobanda braccato dalla polizia, perché coinvolto in una rissa tra bande rivali, ha in seguito ucciso un poliziotto. LIU (GWEI Lun Mei) è una prostituta che accetta di aiutarlo a contattare sua moglie perché possa avere i soldi della taglia messa sulla sua testa dalla polizia, premio per chi collabora sulla sua cattura. Tra Flashback inevitabili per raccontare la storia, DIAO Yinan realizza un racconto noir raffinato, tra dramma d'amore, corruzione e soprattutto criminalità strutturata, scolarizzata, nella spartizione dei territori da battere, come una vera e propria arte insegnata ed appresa. ZHOU si dimena nella sua corsa di fuggiasco braccato, attraverso le ombre salvifiche della notte. Nella sua fuga percorre strade e vicoli deserti che pullulano di immondizia. Un palcoscenico quasi onirico che ammanta il fuggiasco e la prostituta LIU in una corsa concitata che si arresta a tratti in luoghi fatiscenti per rifocillarsi di cibo caldo e fumante. La criminalità, istruita ed efferata, è dappertutto. Emerge come ombre scomposte per dare corpo a scene sanguinose di una violenza inaudita, che DIAO Yinan orchestra come una danza macabra, di morte, paradossalmente suggestiva. Se il regista ha voluto raccontare il male organizzato ed infiltrato nelle periferie della sua Cina, lo fa restituendolo attraverso scene suggestive che alternano momenti d'intensa partecipazione tra violenza, espressa con uno stile volutamente immediato, e scene spettacolari come il ballo di gruppo: danzatori con scarpe dalla suola iridescente che ballano irreggimentati sulle note di una musica popolare. Il cinema di DIAO Yinan si discosta così da un cinema puramente commerciale e di consumo, ma è comunque un cinema che fa spettacolo, sia per la forma che per i contenuti. Animali selvatici che ad un tratto entrano in scena. Occhi di tigre, di leone ed altri, emergono da un fogliame copioso, di un luogo non definito, uno zoo o un luogo del tutto favolistico. Se ZHOU è l'artefice di una situazione sempre più mortale, il volto efebico di LIU, donna che non patteggia la sua libertà con nessuno, neanche con i magnaccia, rappresenta l'epilogo possibile dell'uomo che vuol pareggiare i conti con la sua famiglia abbandonata da tempo. E come nel mito della caverna di Platone, sui muri si proiettano le ombre dei personaggi, amanti fuggiaschi, ombre di una realtà brutale, oscura, ombre di soggetti orami braccati da una sorte ingrata. "Il lago delle oche selvatiche" film che coniuga in una sottile intensità lo spargimento di sangue, stilizzandolo attraverso l'eleganza e la bravura delle arti marziali, con la compassata dialogica dei due protagonisti e la spettacolare cristallizzazione scenografica attraverso la fotografia magistrale di DONG Jinsong, è un cinema che si caratterizza d'autore per la notevole suggestione formale, tanto da poter considerare DIAO fra i registi cinesi contemporanei di spicco. (La recensione del film "Il lago delle oche selvatiche" è di Rosalinda Gaudiano)
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