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Il Corriere The Mule recensione] - Cosa si può dire ancora su Clint Eastwood che non abbiamo già detto? Potremmo dire che è come il vino, che invecchiando migliora ma non sarebbe vero. Potremmo dire che ogni film che fa è un capolavoro, come fanno certuni, a prescindere (c'è chi ha detto che era un capolavoro perfino Attacco al treno... poi ci si lamenta che la critica è morta!), ma anche questo non sarebbe vero. Potremmo però dire che a 88 anni Eastwood sa ancora regalarci gemme preziose, lezioni di vita da custodire e da cui trarre ispirazione al momento opportuno, sa ancora arricchire la sua lunga galleria di personaggi, di nuove tessere e nuove sfumature di colori. Come in questo The mule – il corriere, tratto dalla vera storia di Leo Sharp, un signore che a 90 anni si è messo a trasportare droga per il cartello messicano facente capo a El Chapo. Come è intuibile, è il tempo uno dei temi cardine della pellicola: un Eastwood così vecchio e indifeso, così curvo sotto il peso degli anni è la prima volta che lo vediamo e fa una certa impressione. Del resto è da Gli Spietati che ci parla del tempo che passa, tempo della vita, tempo del cinema, tempo del mito. Da Gli Spietati sono passati 27 anni. 27 anni dopo la riflessione sul tempo non riguarda nemmeno più la contrapposizione tra giovani e vecchi, tra passato e futuro; 27 anni dopo non c'è più nessuna contrapposizione, i giovani e i vecchi sono due entità separate che non dialogano più e il tempo ha finito perfino di essere una preoccupazione. Non si può che prendere atto di quel che c'è (i telefonini, internet) e di quel che è stato fatto, che essendo stato fatto non si può cambiare. Se la vita però, ingiusta e generosa, ce lo concede, l'occasione per rimediare non va gettata. Nonostante qualche ingenuità nella sceneggiatura (Bradley Cooper agente della Dea che vaga a vuoto, il cartello che usa solo pick up neri, l'anziano che la fa franca in quanto vecchio pertanto insospettabile), The Mule è una lezione ancora una volta di umanità, di morale, di integrità, di responsabilità di fronte alle decisioni che prendiamo. Di cosa significa essere un uomo. Eastwood la realizza tramite un personaggio che è l'ennesima variazione di tutti i personaggi passati, politicamente scorretto, intimamente razzista, bugiardo recidivo, padre assente, marito fedifrago, puttaniere convinto. La questione non è di non commettere errori ma di esserne consapevoli e soprattutto di essere pronti ad accettare le conseguenze quando arrivano a chiedere il conto. Eccola, la lezione. "Guilty", dichiara il vecchio davanti al giudice. Senza se, senza ma, senza sotterfugi, senza scappatoie. Di fronte al giudizio finale si vede di che pasta siamo fatti, nel momento fatale si vede se sappiamo fare la scelta giusta o sbagliata. Perchè possiamo filosofeggiare sul fatto che la verità non esista, che non esistono i fatti ma solo le interpretazioni, invece la verità esiste eccome e ognuno di noi nel profondo la conosce. E a proposito di nuove sfumature, Eastwood arricchisce il suo personaggio di una tenerezza e una fragilità inedite grazie alle quali può dare prova del grande attore che è, negli sguardi, nei gesti, nel sorriso sul letto di morte verso la ex moglie. Lui le dice: ti amo. Lei: oggi più di ieri? Lui: Non di più di domani.
Clint Eastwood, signori!
(La recensione del film "
Il Corriere The Mule" è di
Mirko Nottoli)
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