di T. Di Pierro
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Il cattivo poeta recensione] - Un luogo chiuso, per un mestiere chiuso; un personaggio silente come quello del Vittoriale che si staglia come un eremo a proteggere il suo signore, Gabriele D'Annunzio, appartatosi certo per "estetismo aristocratico" direbbe Gianfranco Contini, ma anche per ostinata rivolta al fascismo sciocco e dilagante. Il cattivo poeta, esordio "sfacciato" alla regia di Gianluca Jodice, come lui stesso lo ha definito, spalanca le porte sul romitaggio D'Annunziano e presenta un documento letterario e storico che non finisce mai di parlare dell'oggi. Se è vero che la Storia sfrutta l'individuo finché non è condotto alla rovina dal suo stesso successo, il ritratto filmico di un D'Annunzio senile, rassegnato e prossimo alla fine (reso possibile grazie anche alla sentita interpretazione di Sergio Castellitto) risponde perfettamente a questa teoria. Eppure D'Annunzio è uno dei pochi a sapere la verità del proprio mondo e del proprio tempo: che è giunta l'ora di un avvenire più cupo in un presente già incerto e che il suo non è che un viale in discesa. A ricordarglielo è la figura del federale Giovanni Comini (impersonato da Francesco Patanè) giovane in ascesa e figlio delle belle speranze del fascismo, che solo grazie alla figura del poeta Vate riuscirà ad aprire gli occhi e a rendersi conto della follia del regime. Scritto con grande accuratezza e interpretato magistralmente dall'intero cast, Jodice dipana le ombre più fosche sulla persona di D'Annunzio nel tentativo di riabilitare una personalità complessa e tormentata, da sempre dibattuta tra oppositori ed estimatori. Degna di nota la ricostruzione scenografica di Tonino Zera, coadiuvata dall'ottima fotografia di Daniele Ciprì, che risalta in un delirio di onnipotenza le architetture marmoree del periodo fascista. Altrettanto onnipotente Il Vittoriale, le cui stanze in penombra offrono riparo al poeta in tumulto. "Sogna, sogna mia cara anima! Tutto,/tutto sarà come al tempo lontano./Io metterò ne la tua pura mano/tutto il mio cuore. Nulla è ancora distrutto". Rinchiusi in un tempo lontano, dove nulla era ancora distrutto dall'imperante fascismo, questi versi D'Annunziani rievocano l'aspirazione ad una vaga purezza, non intaccata dalla barbarie violenta degli ultimi anni vissuti dal poeta, "tempi dal cielo chiuso" come lui stesso li definisce, ma che non hanno travisato il suo spirito di lotta e la sua intraprendenza di bardo e di uomo.
(La recensione del film "
Il cattivo poeta" è di
Tommaso Di Pierro)
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