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Il bambino nascosto recensione] - A volte tendiamo a dimenticare quanto sia bravo Silvio Orlando, ma è sufficiente un piccolo film a ricordarcelo, un piccolo film in cui la sua presenza diviene indispensabile a renderlo grande, a nobilitarlo. Così è per questo Il bambino nascosto, così come per il recente Ariaferma in cui duettava alla pari, se non di più, con un altro mostro sacro del cinema nostrano, Toni Servillo. Estraneo al divismo, al clamore gratuito, con quel physique du role sempre un po' dimesso, fuori dal gossip, fuori dal glam, fuori dai social, fuori dai trend, fuori insomma da tutte quelle cose stupide che possono essere descritte con una parola inglese e che vanno molto di moda oggi, a tutto questo Silvio Orlando ha sempre risposto con la recitazione, con il cinema, con il mestiere dell'attore. Così come Roberto Herlitzka, un altro a cui è sufficiente un monologo di una manciata di secondi per lasciare un segno. Un piccolo film, Il bambino nascosto, in quanto intimo e intimista, girato per tre quarti all'interno di un appartamento di un condominio nei quartieri spagnoli di Napoli dove vive un mite e solitario maestro di musica. E' lì che si rifugia in cerca di aiuto un bambino in fuga dalla camorra. Il rapporto che si instaura tra i due è la chiave del successo del film che riesce a far sorgere nello spettatore nel modo più spontaneo possibile una delle domande fondamentali, se non la più fondamentale, per la riuscita di qualsiasi opera di fiction, ovvero: "cosa farei se mi trovassi nella stessa situazione?". Quando un film riesce a fare questo allora ha già svolto la maggior parte del lavoro che gli si richiede. Il bambino nascosto, diretto da Roberto Andò che adatta per il cinema un suo stesso romanzo particolarmente ispirato, la pone per quasi tutta la sua durata ed è una domanda profonda come un abisso, che costringe chi guarda a fare i conti con un qualcosa che assomiglia molto al mondo delle Idee. Tra uomini senza figli e figli in cerca di padri, in un contesto di gente onesta che vive a stretto contatto con la malavita restandone invischiata, quella che compie il professore è una scelta per certi versi obbligata, dettata da un sentimento di giustizia più grande della legge degli uomini. Senza moralismi o prediche pedagogiche, con poche parole e nessun gesto eclatante, con la leggerezza del disincanto e la consapevolezza della tragedia umana, Il bambino nascosto è un inno alla vita che non ne nasconde le brutture, in cui "vivere" non significa banalmente "fare delle cose" bensì fare la cosa giusta.
(La recensione del film "
Il bambino nascosto" è di
Mirko Nottoli)
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