La recensione del film I Profumi di Madame Walberg

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I PROFUMI DI MADAME WALBERG - RECENSIONE

I Profumi di Madame Walberg recensione
Recensione

di R. Ricucci
[I Profumi di Madame Walberg recensione] - Un naso: il protagonista dell'ultimo film di Grégory Magne è un naso capace di scoprire profumi, I profumi di Madame Walberg. Il naso è quello di una donna, Anne Walberg che vende la sua competenza dell'odorare per creare fragranze che nascondano i cattivi odori, le puzze dell'inquinamento delle fabbriche. Il suo naso l'aveva portata fino all'impero di Maison Dior e il noto profumo J'adore è il suo infatti. Ma è accaduto in quel passato ancora troppo vicino, che il suo naso smettesse di funzionare perdendo così i contratti prestigiosi e non solo: Madame Walberg ha perso il profumo della gioia, dell'entusiasmo, della stessa vita. Madame Walberg infatti è una donna esigente, ruvida, pignola e quando incontra il suo nuovo autista, Guillaume, non manca perfino, di essere sgarbata. Ma anche Guillaume ha naso. Le inquadrature all'interno della macchina sulla quale viaggiano ne restituiscono un profilo di naso piuttosto grande, possente, aquilino. Separato da poco, Guillaume fa il possibile per poter tenere con sé sua figlia di 10 anni, almeno per una settimana al mese. Perciò ha bisogno di una casa più grande dei suoi 24 metri quadrati, un contratto di lavoro sicuro e non quello di conducente a chiamata che Elite driver gli concede. Quello di Guillaume e Anne è un incontro di speranze per lui e di rassegnazione per lei; di slancio di uno e di passività dell'altra. Ad averla vinta tra i due, però, è il naso di Guillaume che riesce a captare con il talento del principiante, l'odore di un futuro roseo oramai alle porte. La ruvidità di Madame Walberg sarà levigata dalle parole forti ma gentili del suo nuovo amico Guillaume che, complice il suo naso, la farà tornare a lottare. Grégory Magne si adopera a una narrazione lineare e ben costruita: la chiarezza dei personaggi, la giusta scelta del cast, sostiene la sceneggiatura scritta dallo stesso regista. Puntare così in alto, però, pensando a trasmettere la fragranza delle essenze attraverso il grande schermo, ha fatto perdere al pubblico la possibilità di sintonizzarsi appieno nei meandri psicologici dei personaggi non creando simpatie né alleanze con gli stessi. Perché non è sufficiente la descrizione di un carattere per mostrare una memoria olfattiva capace di impregnare lo sguardo dello spettatore: né che sia la forza pungente di Madame Walberg, né che sia quella sincera di Guillaume. Altrettanto non possono bastare le poche parole di Guillaume a Madame Walberg al ristorante mentre una cameriera li serve: non l'hai neppure guardata! per dire la difficoltà relazionale e sociale della Madame. Il pensiero corre a Kubrick nel tentativo (mai avuto in diritti, purtroppo) di portare in sala cinematografica, non solo sullo schermo, il grande romanzo di Patrick Süskind, Il profumo (1985): l'olfatto è sicuramente uno dei sensi da esplorare nelle Settima Arte. La prova di Grégory Magne è comunque buona nonostante non si avverta la profumazione del dramma reale Madame Walberg, se mai ne ha vissuto uno. Se pure l'interpretazione sia lodevole, la stessa Emmanuelle Devos non raggiunge il livello drammatico, per dirne una, di La moglie del cuoco, Anne Le Ny 2014. Meno peggio per Grégory Montel, Guillaume: la gioia che esprime sulla spiaggia nel giorno del compleanno della figlia, i colori morbidi di una primavera che tarda a soleggiare, rincorsi dalla macchina da presa a mano, suscita subito una forte empatia per lui. I profumi di Madame Walberg non riescono a penetrare le narici degli spettatori, forse costrette, in un tempo come questo, da una piccola mascherina. (La recensione del film "I Profumi di Madame Walberg" è di Rita Ricucci)
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