I PREDATORI DELL'ARCA PERDUTA
di Veronica Ranocchi
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi film del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per comprendere se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno prese in considerazione solo opere che all'epoca vennero reputate CAPOLAVORI per sviscerare, analizzandone il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali, o ETERNI, anche OGGI e DOMANI.
Quello che ancora oggi è conosciuto da tutti come uno dei grandi eroi cinematografici è
indubbiamente Indiana Jones, nato dal genio del regista statunitense Steven Spielberg.
Protagonista indiscusso de "I predatori dell'arca perduta" e dell'intera tetralogia, Indiana Jones
(interpretato da Harrison Ford) altri non è che un professore di archeologia che si ritrova
costantemente a compiere una serie di mirabolanti avventure.
Nello specifico in questa prima opera ci viene introdotto il personaggio principale, Henry "Indiana"
Jones Junior appunto, che è sulle tracce di un cimelio, conservato in un tempio immerso nella
giungla. Dopo aver superato molte difficoltà e una serie di ostacoli, riesce a impadronirsi di questo
oggetto che si vede, però, rubare dal rivale Belloq. E', quindi, costretto a tornare negli Stati Uniti,
dove insegna archeologia all'Università di Princeton, e qui riceve la visita di due persone che lo
invitano ad andare in missione alla ricerca della mitica Arca dell'Alleanza e delle Tavole dei Dieci
Comandamenti dettati da Dio a Mosè per impedire ai nazisti, che sembrano averla localizzata a
Tanis in Egitto, di impadronirsene. Indiana Jones accetta l'incarico, ma, prima di mettersi alla
ricerca vera e propria del cimelio, fa una sosta in Nepal dove cerca di convincere Marion, una
ragazza con la quale, in passato, ha avuto una relazione, a cedergli un prezioso medaglione che gli
permetterà di scoprire dove è sepolta l'Arca. La ragazza sembra, inizialmente, non avere intenzione
di unirsi al protagonista, ma cambierà idea dopo l'intervento di un gruppo di nazisti alla ricerca
dello stesso amuleto che, disposti a tutto, incendiano addirittura la sua locanda. Arrivati in Egitto i
due cadono in un'imboscata e Marion sembra addirittura morire in un'esplosione. In realtà la
ragazza è prigioniera dei nazisti e, dopo numerose avventure, lei e Indiana Jones riescono a
introdursi all'interno del "pozzo delle anime" per recuperare l'Arca che, però, viene loro sottratta da
Belloq, in combutta con i nazisti. Fortunatamente riescono ad evadere dal pozzo, si mettono
all'inseguimento dei tedeschi e riescono, dopo altre avventure, a tornare in possesso dell'Arca.
L'avventura, però, non termina così semplicemente perché il cimelio torna nelle mani dei tedeschi,
Indiana Jones e Marion sono fatti prigionieri, ma riescono a salvarsi e l'Arca viene aperta da Belloq
che, avvolto dal "fuoco divino" contenuto all'interno del cimelio, distrugge qualsiasi cosa, compresi
i nazisti presenti, fatta eccezione per i due protagonisti che, prontamente, chiudono gli occhi. Una
volta rientrati a casa, l'Arca viene portata (e dimenticata) in un magazzino segreto del governo.
Il regista Spielberg, con questo film, riesce ad ottenere un successo straordinario, grazie a tutta una
serie di elementi (effetti speciali e montaggio su tutti).
Andando a sviscerare il lungometraggio in tutte le sue parti, si può affermare innanzitutto che già
l'incipit, nonostante non sia prettamente inerente con la storia successiva, è funzionale all'intera
narrazione, o meglio al genere che si andrà delineando, in quanto rappresenta una mescolanza di
elementi che danno origine ad un determinato "mood" che si ripercuoterà nella vicenda. Fin da
subito, infatti, lo spettatore è posto di fronte al fatto che ci saranno picchi emozionali continui che
non fanno andare troppo avanti la storia, ma che mantengono viva la partecipazione e l'interesse.
Addirittura l'attenzione del pubblico è colpita fin da subito dal logo della Major (la Paramount) che
nell'inquadratura diventa esattamente la sagoma della montagna che ci mostra il film. Questo
espediente può avere due significati: da una parte può essere interpretato come una strizzata
d'occhio all'intero pubblico, a indicare il fatto che la storia in questione può essere vista e
apprezzata da chiunque, uomo o donna, adulto o bambino, etc; dall'altra parte la strizzata d'occhio è
solo a un numero circoscritto di spettatori, quelli più attenti, come a dire loro che, nonostante il film
possa trattare aspetti reali o realistici, il tutto è comunque da rimandare alla sfera della finzione.
La pellicola è molto elementare e, per questo si adatta, a qualsiasi fascia di pubblico, quindi il fatto
che il logo sembri prendere vita e diventare la montagna del film è un rimando al fumetto e alla
mera finzione. Nell'altro caso, invece, esso è, più che una strizzata d'occhio vera e propria, una
sorta di avviso, come ad indicare che il film potrebbe sembrare inverosimile, ma che, comunque sia,
non si trova nella realtà vera, ma in quella del cinema delle grandi major.
Un altro elemento al quale prestare attenzione è la presentazione del personaggio che appare come
una silhouette, come nel cinema classico d'avventura. Anche in questo caso quello che ci viene
mostrato sembra essere più un monito, come a voler dire che, con questo film, si andrà a sviscerare
un genere del passato per trasformarlo in qualcosa di nuovo.
Sempre rimanendo sulla scena iniziale si può anche affermare che la costruzione di questo
momento, nonostante, come già detto precedentemente, non sia funzionale alla narrazione, anticipa
quella che sarà la costruzione di molte sequenze successive, caratterizzate principalmente da picchi
emozionali, grande intensità e un abilissimo utilizzo della musica, sempre impeccabile nel momento
giusto.
Uno dei grandi meriti di Spielberg nella realizzazione di questo film non è tanto il reindirizzarci
costantemente nel mood da lui creato, in modo tale che la tensione e le aspettative siano sempre
alte, ma la capacità di giocare, in questo modo, con le emozioni (anche innate) di ognuno di noi.
Degne di nota sono, poi, la presentazione del personaggio femminile, Marion, e dell'antagonista. La
prima ci viene mostrata nel momento in cui Indiana Jones arriva in Nepal. Nonostante si trovi nello
stato asiatico, la scenografia sembra rimandare più a quella di un saloon western, altro genere sul
quale Spielberg intende giocare, aggiungendo anche l'inevitabile e onnipresente scontro tra bene e
male. Ed è proprio in questa occasione che viene dipinta perfettamente la figura dell'antagonista. Si
tratta di un personaggio sadico (tratto caratteristico del cattivo dei film classici), al quale si
aggiunge anche l'aggravante del nazismo che sembra, in qualche modo, stereotiparlo ancora di più,
in modo tale da facilitare l'allineamento dello spettatore, come se ce ne fosse bisogno, con i
"buoni".
Ulteriori momenti degni di nota sono tutti quei frangenti nei quali l'aspettativa del pubblico viene
disattesa tramite degli espedienti attuati dal regista che sorprende continuamente con il solo ed
unico scopo di mantenere vive l'attenzione e l'interesse di chi sta guardando. Si possono citare, a tal
proposito, come esempi, il probabile scontro con scimitarre tra Indiana Jones e un avversario,
disatteso dalla velocità e dalla furbizia del protagonista che evita qualsiasi tipo di contrasto; ma
anche il momento in cui sia lo spettatore che il personaggio principale scoprono che Marion è viva.
Insomma tra scenografia, effetti speciali, montaggio serrato e colonna sonora (rimasta nella storia
del cinema), "I predatori dell'arca perduta" rappresenta il frutto di un'abilità eccezionale della
macchina da presa da parte di un grande maestro. Lo era IERI, lo è OGGI, e lo sarà DOMANI.