La recensione del film I Magnifici 7

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I MAGNIFICI 7 - RECENSIONE

I Magnifici 7 recensione
Recensione

di Elisa Torsiello
[I Magnifici 7 recensione] - Viviamo in un momento, cinematograficamente parlando, in cui la produzione dei film sembra essere orientata verso una sola direzione univoca: quella del remake. Tanti, forse troppi, i titoli, più o meno considerati intoccabili, ripescati dal passato e destinati ad essere riproposti alle nuove generazioni in nuove salse. Il tutto, fatto con il comprensibile timore e sdegno di quella branca di pubblico che quei film, nella loro versione originale, li hanno osannati. Tra gli ultimi titoli, ad essersi ritrovato inglobato in questa febbre da remake vi è anche i Magnifici 7. Yul Brynner, Eli Wallach, Steve McQueen, Charles Bronson e James Coburn. Questi i nomi dei divi che presero parte al film originale, liberamente ispirato alla pellicola di Akira Kurosawa I sette samurai. Correva l'anno 1960, I magnifici Sette di John Sturges divenne subito un classico, tanto che, 3 sequel e 55 anni dopo, prima ancora di divenire lui stesso remake, diede la spinta necessaria per infondere linfa vitale a opere come Quel treno per Yuma, Il Grinta e Django Unchained. Tutte opere, queste, aventi come comune denominatore la capacità di riportare in auge il mito del genere western. Ora, nel 2016, Antoine Fuqua, alla regia del remake de I Magnifici Sette, si è ritrovato tra le mani una bella patata bollente da gestire. Difficile il rischio di non scottarsi. Non solo Fuqua ha dovuto imparare a stare in equilibrio sul filo teso delle aspettative e dei pregiudizi, ma ha dovuto anche trovare quei giusti stilemi registici e narrativi tali da rinvigorire un'opera, renderla unica, senza per questo distanziarsi troppo dal suo nucleo filmico originario. A questo proposito si è reso quanto mai necessario un aggiornamento del plot, il che non vuol dire ambientare la vicenda ai giorni nostri, quanto arricchirla di metafore e riferimenti più o meno velati alle paure e ai mali che affliggono e soffocano momento storico che stiamo vivendo nel ventunesimo secolo. Siamo a Rose Creek, cittadina messa in ginocchio dal criminale, vestito da magnate, Bartholomew Bogue, il quale ha tutte le intenzioni di conquistarla, a discapito di tutti i suoi abitanti. Esausti e disperati dagli omicidi perpetrati da Bogue, alcuni cittadini assoldano sette fuorilegge, cacciatori di taglie, giocatori d'azzardo e sicari, per ucciderlo. Con l'immagine di una chiesa incendiata, prefigurazione visiva di una catastrofe imminente, prende il via la storia de I Magnifici 7, con il cacciatore di taglie Sam Chisolm (interpretato dal premio Oscar Washington) chiamato a scovare e ad ingaggiare gli altri 6 compagni destinati ad aiutarlo a liberare Rose Creek. La corsa al potere e l'uso della violenza per arricchirsi che alimenta il narcisismo di Bartholomew Bogue non è tanto dissimile dalla cupidigia che muove i grandi della Terra. Gli stessi Magnifici 7, tutti appartenenti a etnie differenti, possono essere visti come rappresentanti di culture e modi di vedere tra loro divergenti, ma che una volta uniti, creano una forza protettiva e di ribellione tale da liberare i deboli, o apparenti tale, dalle gabbie del mero potere economico. Eppure, nonostante questo messaggio etnico globale che soggiace nascosto nella brulica e arida terra che circonda Rose Creek, qualcosa è andato storto. Indebolito da una sceneggiatura piatta e poco dedita all'inserimento di grandi sorprese, quello che ne è uscito fuori è un western di oltre due incapace, non solo di reggere anche solo lontanamente il confronto con l'iconico titolo di Sturges, ma anche di conquistare lo spettatore, toccandone le corde emotive. A nulla possono le interpretazioni di Denzel Washington, Chris Pratt (qui più che mai ingabbiato ancora una volta al ruolo dell'eroe-giullare, al limite della macchietta), o di un Vincent D'Onofrio (forse è sua la performance migliore e più toccante), se di base manca una struttura narrativa forte e ben calibrata. Manca una giusta e ben equilibrata distribuzione di ritmo e pathos, facendo susseguire a sequenze adrenaliniche e di grande impatto visivo, momenti di totale apatia. Perché questo è il cruccio del film di Fuqua, non l'annoiare, ma il non emozionare. Tutt'altro che originale, I Magnifici 7 ha comunque il merito di aver nuovamente dato spazio ad un genere, il western, messo sempre più in disparte in un mondo dove dramma e commedia la fanno da padrona, senza però apportarvi qualcosa di nuovo. Peccato perché, date le premesse, con un pizzico di temerarietà in più si poteva auspicare a un risultato migliore, che non a quello del semplice e ordinario "blockbuster". (La recensione del film "I Magnifici 7" è di Elisa Torsiello)
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