di R. Gaudiano
[
I fiori del male recensione] - La donna e la sua sensualità, la sua arte di seduzione. La donna, capace di rendere l'uomo inerme difronte all'offerta di un amore che si carica di sesso e lussuria. "I fiori del male" diretto da Claver Salizzato, attraversa un tempo secolare, dal '500 al '900, in cui tre donne, Veronica Franco che fu l'amante di Enrico III di Francia, Margherita Gautier, personaggio letterario di Alexandre Dumas e la famosa, glaciale ma pur sensuale, Mata Hari, dettarono le leggi della più sofisticata e perversa seduzione. Flora Vona incarna tutti e tre i personaggi femminili nei loro rispettivi periodi storici, senza purtroppo differenziare le rispettive caratterizzazioni delle tre donne nel susseguirsi dei tempi scenici, rendendo la recitazione statica e impersonale. Veronica Franco fu una cortigiana di alta classe nella Venezia cinquecentesca, che negò al suo amante, il re di Francia, la dedizione di un amore vero e per questo fu accusata di stregoneria. Margherita, malata e destinata a morte certa, elabora profonde riflessioni nella passione carnale che la lega al suo amante, sulla sua vergognosa reputazione che solo la morte potrà cancellare. E Mata Hari, donna glaciale e pur passionale, che usò le arti della seduzione per conoscere le strategie del nemico. Claver Salizzato attraverso queste tre figure femminili, con una sceneggiatura che riprende molto la struttura della tragedia greca, racconta l'amore che filtra attraverso il desiderio, la cupidigia delle carni, per tramutarsi inesorabilmente in un sentimento bieco e a volte di infantile possesso da parte dell'uomo. Donne cortigiane, amanti, colte e raffinate, sapienti nell'arte di ammaliare e far perdere l'uomo nel mare di una sensualità accattivante e irrinunciabile. L'idea di fondo non è da sottovalutare, ma lo sviluppo della narrazione resta imbrigliato nel tentativo di una regia che nel dare spazio ai moti dell'animo, implode nella carrellata eccessiva di citazioni d'opere letterarie ed artistiche. "I fiori del male", lungi dall'essere un'opera cinematografica d'impianto prettamente teatrale, si risolve in un'opera di eccesso di parole dove manca completamente il contributo dell'azione e lo slancio attoriale. La presenza del nobile Maestro di Cerimonie che con linguaggio aulico scandisce i tempi scenici introducendo fatti e situazioni, vira troppo sul rigido insegnamento letterario. Il film resta così privo dell'emozione che contrassegnò proprio quelle epoche storiche, sottraendosi, forse volutamente, al dinamismo positivo che caratterizzò l'espressione fondante delle arti letterarie e poetiche di quei tempi, nella assoluta mancanza di riuscita dell'opera cinematografica.
(La recensione del film "
I fiori del male" è di
Rosalinda Gaudiano)
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