di R. Gaudiano
[
I fantasmi d'Ismael recensione] - Ismaël Vuillard (Mathieu Amalric) è un regista colpito da una febbre di scrittura che non lo abbandona mai. La notte non dorme, preso da un irresistibile slancio creativo per la realizzazione di un film che ha come soggetto il fratello Ivan Dedalus (Louis Garrel). Ma Ismaël di Arnaud Desplechin, qui regista, è un uomo torturato da un passato intimo che non riesce a metabolizzare. Il ricordo di sua moglie Carlotta (Marion Cotillard), da vent'anni sparita nel nulla e l'impegno di attenzioni verso il padre della stessa, Henri Bloom (Laszlo' Szabo') anche lui regista, che gli ricorda continuamente la disperazione per la figlia scomparsa, costituiscono per Ismaël uno stato di perenne inconsolabilità. Nonostante tutto ciò, Ismaël ha una compagna, Sylvia (Charlotte Gainsbourg), astrofisica, che accetta il suo stato di grande frustrazione. Nel tormento dei ricordi angosciosi del protagonista, una mattina baciata dal sole, la Carlotta creduta morta si materializza in carne ed ossa pretendendo di essere riammessa nel presente come persona fisicamente viva e vegeta. L'intrusione improvvisa di Carlotta, che racconta comunque ciò che le è accaduto durante quei vent'anni di inspiegabile assenza, realizza una situazione fantastica nella realtà stessa. Ismaël cade in preda ad un delirio che mina la sua creatività per il film in cui Ivan, suo fratello, è l'eroe, artefice di una difficile soluzione diplomatica. I fantasmi di Arnaud Desplechin rappresentano la sintesi di un animo psicotico, quello di Ismaël, marcatamente onirico, sospeso tra la veglia ed il sogno, ossessionato e perseguitato da un passato che conferma le allucinazioni del presente e le rafforza in un gioco perverso di contrasti. Man mano che la narrazione scorre in una scrittura che predilige rotture da flashback, un andirivieni di tempi ellittici passati e presenti, tra sentimenti gratificanti ed angoscia pura, Ismaël percepisce il suo mondo attraverso segnali ambigui, ingannatori, sbagliati, anche se magicamente appaganti. L'Hitchcock regista, tra visibile ed invisibile è determinante per Desplechin, nella realizzazione di questo "I fantasmi d'Ismael". Arnaud Desplechin riesce a creare l'attesa della sorpresa, nell'apoteosi di quel doppio legame tra Carlotta, mummificata nei ricordi del regista insonne e la Sylvia rassicurante, presenza reale che tutto sommato ha dato stabilità emotiva all'uomo vittima di psicosi vestite di morte e di una vecchiaia che lui stesso sente imminente. Desplechin mette in scena personaggi che giocano una partita tutta incentrata sulla forza incondizionata dei sentimenti, in cui i dialoghi realizzano la compiutezza di un'opera che si distingue per uno stile in cui i dettagli acquistano un rilievo enorme, dal minaccioso al sentimentale, al drammatico. L'equilibrio della narrazione è volutamente interrotto da ellissi temporali, salti nel passato non sempre equilibrati che senza alcun dubbio a volte destabilizzano la coerenza del film, ripresa molto bene nel finale. Una giostra umana, messa in scena dal regista francese, in cui i personaggi si susseguono nel delicato confronto personale, creando una situazione corale di non facile scrittura. Immagini, dialoghi e scene alla fine cristallizzano e vivificano l'esasperato ricordo di un passato che continua a devastare il presente. "I fantasmi d'Ismael", film d'apertura al Festival di Cannes 2017, è presentato a Roma, in occasione dell'VIII edizione di Rendez-vous, festival del nuovo cinema francese, una iniziativa dell'Ambasciata di Francia in Italia, realizzata dall'Institut français Italia, co-organizzata con UniFrance.
(La recensione del film "
I fantasmi d'Ismael" è di
Rosalinda Gaudiano)
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