La recensione del film I due volti di gennaio

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I DUE VOLTI DI GENNAIO - RECENSIONE

I due volti di gennaio recensione
Recensione

di Mirko Nottoli
[I due volti di gennaio recensione] - Lui, lei, l'altro. Lui è Viggo Mortensen, un elegante e ricco uomo d'affari; lei è Kirsten Dunst, la giovane e bella moglie; l'altro è Oscar Isaac (nostro nuovo idolo da A proposito di Davis), guida spiantata che truffa i visitatori e abborda le visitatrici all'acropoli di Atene. Siamo in un romanzo di Patricia Highsmith per cui è d'obbligo non fidarsi di ciò che sembra: maestra del giallo ma soprattutto maestra nello scandagliare le ambiguità dell'animo umano, i confini labili della legge morale, l'opportunismo interessato che si cela dietro ai rapporti interpersonali. C'è tutto questo nel vortice triangolare che costituisce il perno attorno cui ruota I due volti di gennaio, film che segna il debutto alla regia di Hossein Amini, sceneggiatore dal curriculum raccapricciante che, escluso Drive (che, detto per inciso, non si ricorda certo per la sceneggiatura), brilla di gemme come Biancaneve e il cacciatore, Killshot e, dulcis in fundo, Le 4 piume. Sarà per questo che per il suo esordio dietro alla macchina da presa ha preferito affidarsi a qualcuno molto più bravo di lui, quella Patricia Highsmith che se fosse al mondo oggi sarebbe di certo la sceneggiatrice più pagata di Hollywood. E il buon Amini lascia fare: sta due passi indietro e rimane fedele al racconto, riuscendo a rievocare, l'atmosfera e l'ambientazione elegantemente retrò dei primi anni '60 dove, coadiuvato dal terzetto d'attori perfettamente in parte, nasce e cresce un mistero che le sguscianti intenzioni dei tre trasportano da un territorio inizialmente molto concreto ad uno che si fa via via sempre più psicologico. Rapporti conflittuali tra i sessi, rapporti conflittuali tra generazioni, rapporti conflittuali tra padri e figli mancati che tuttavia si incontrano e si riconoscono, rapporti conflittuali archetipi sullo sfondo dei miti Greci. Peccato che la tensione palpabile e crescente che segna la prima parte della pellicola vada progressivamente scemando nella misura in cui al raffinato gioco mentale subentrano, diciamo così, dinamiche più motorie e più movimentate, con una regia incolore che, incapace grazie alla sola abilità tecnica di tenere desta l'attenzione, lascia che il film scivoli abbandonato a se stesso in un'improbabile e rocambolesca fuga dai connotati spesso grotteschi e tragicomici. Se qualcuno si sta chiedendo che diavolo significhi il titolo, I due volti di gennaio allude al dio Giano (da cui Gennaio), la cui caratteristica principale era quella di essere bifronte. (La recensione del film "I due volti di gennaio" è di Mirko Nottoli)
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