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Holy Motors recensione] - Leos Carax, personalità intrigante, controversa, un talento visivo carico di tensione drammatica notevole, regista dei più audaci, ritorna sul grande schermo con "Holy Motors", stravagante racconto con un personaggio tutto rocambolesco. Se con "Rosso sangue", ritratto di un giovane ribelle, coglie e racconta una follia distruttiva, l'ultimo suo "Holy Motors" è intriso di una violenza esistenziale che caratterizza lo stile di Carax, che accenna a placarsi in una visione poetica di una realtà carica di senso eversivo, scomposto. L'inizio del film è disarmante e lascia presagire la novità narrativa, il fascino dell'idea portante. Appare, sul grande schermo, una sala cinematografica buia, gremita di gente seduta in poltrona, immobile e con gli occhi chiusi. Il cinema. Poi la scena si sposta in una stanza da letto, un uomo si sta svegliando con il suo cane. L'uomo è Leos Carax, che si alza con estrema lentezza e si avvicina ad una parete con disegni tipo grande foresta, apre facilmente un varco, essendo la parete di cartone e si ritrova in quel cinema visto all'inizio, con gli stessi spettatori immobili. Leos Carax continua il racconto portandoci letteralmente per mano in una dimensione meta-cinematografica coinvolgente. Siamo in pieno centro parigino. Oscar (Denis Lavant), è un ometto che al solo guardarlo da l'idea di movimento perenne. Una mattina come tutte le altre l'uomo Oscar esce da casa sua, saluta la sua famiglia prima di entrare in una accogliente limousine bianca, guidata dalla sua segretaria ed autista Celine (Edith Scob). In macchina Oscar risponde al telefono, sbriga alcune faccende bancarie con l'interlocutore all'altro capo della linea telefonica e sospira per la non buona condizione economica generale. Quindi Oscar fa il banchiere? La voce di Celine gli ricorda che quel giorno l'uomo Oscar ha nove appuntamenti e i dossier di ogni appuntamento può consultarli, uno per uno, prima di recarsi sul posto. Da questo momento il viaggio nel sogno cinematografico ha inizio, avulso dalle classiche regole narrative. La limousine si rivela un set cinematografico, allestito al trucco e alla metamorfosi dei nove personaggi di cui il nostro Oscar man mano prenderà le sembianze, la soggettività e la forza espressiva. Allora chi è Oscar? E' il corpo umano, la vita in perenne movimento, l'espressione della volontà, della solitudine, della cattiveria, della follia, della morte, delle scelte individuali. Ogni personaggio, il Banchiere, la Vecchia, il Fisarmonicista, l'Esperto operaio specializzato nella Motion Capture, il Signor Merda, il Padre, l'Assassino, l'Assassinato, il Morente, l'Uomo di casa, sono distinte ed uniche, con un nesso, la vita in perenne azione. Tre momenti sublimi del film lasciano senza fiato. La scena del fisarmonicista, quella di sesso mimata e il momento in cui l'orripilante Signor Merda, mangiatore di tutto, ingoiatore di dita umane, rapisce la bella modella (Eva Mendez), la porta nelle fogne e vive il "suo" bisogno d'amore. Denis Lavant è straordinario. Il bravo attore circense incarna l'idea del movimento e la restituisce in tutte le sue forme e metafore. "Holy Motors" scandisce il tempo della mutazione dei personaggi, in un esacerbante struttura comunicativa mentale unitaria perché racconta l'umano vivere. E' la vertigine delle maschere di Carax, scatenate, mai identiche a se stesse, in un metalinguaggio tutto intriso di pura meta-cinematografia che conquista ed affascina. Presentato a Cannes 2012, "Holy Motors" fu uno dei film più acclamati, forse il più acclamato.
(La recensione del film "
Holy Motors" è di
Rosalinda Gaudiano)
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