La recensione del film Herzog incontra Gorbaciov

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HERZOG INCONTRA GORBACIOV - RECENSIONE

Herzog incontra Gorbaciov recensione
Recensione

di Mirko Nottoli
[Herzog incontra Gorbaciov recensione] - Come si dice anche nel film-intervista, oggi Gorbaciov è un uomo sconfitto. Un uomo profondamente solo, ancora più solo dopo che l'amata moglie Raissa se ne è andata nel 1999. A rivederlo oggi, dopo tanto tempo, invecchiato e ingrassato, si stenta a riconoscerlo, per chi lo ricorda tra il finire degli anni '80 e gli inizi dei '90. Anche la famosissima voglia sulla fronte, che alcuni dicevano assomigliasse all'Italia, è come se fosse sbiadita, quel suo marchio così distintivo, così inusuale, appare oggi annebbiato, non più così riconoscibile. E' un uomo stanco, Gorbaciov, per l'età, i chili, le delusioni, i torti. Un uomo, oggi, dai più semi-dimenticato, eppure Gorbaciov è stato uno degli uomini più importanti del '900, un uomo che ha saputo, in un breve torno di anni, regalare una nuova prospettiva al mondo intero, la speranza di un futuro migliore, la speranza che un futuro più roseo fosse possibile. Speranza presto dissipata. Sembrano passati secoli, sembra di parlare di un'altra età geologica, un'età mitica, forse mai esistita, forse solo sognata. Per Herzog, Gorbaciov è semplicemente un eroe, per lui tedesco di Monaco di Baviera, Gorbaciov è colui che ha reso possibile la riunificazione della Germania. E lo fu, tra le varie cose. Ultimo segretario del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, fautore di politiche improntate alla trasparenza e all'equità sociale meglio note come Glasnot e Perestrojka (qualcuno ricorderà "Occhio alla Perestrojka", con Greggio e Calà, patetico ma limpido esempio di capitalismo che tutto fagocita e banalizza), principale attore di quella catena di eventi che portò, suo malgrado, alla dissoluzione dell'Unione Sovietica e che finì per travolgere anche se stesso, principale responsabile della fine della guerra fredda, premio Nobel per la pace nel 1990. Oggi a 88 primavere Gorbaciov parla lento, la lucidità e la capacità di analisi non sono più quelle di un tempo. Sarà consapevole di quello che ha rappresentato? Sarà conscio, nonostante le maldicenze, le vigliaccate (chi scrive ancora ricorda coloro che in Italia colpevolizzavano Gorbaciov della fine del PCI, ottusi che pur di non alzare lo sguardo dal proprio orticello evitavano coscientemente di guardare la vastità che si estendeva al dì là del muro di cinta) nonostante il fallimento difronte alla storia, di essere stato un faro, una luce in mezzo ad un mare di nebbia? Herzog prova a chiederglielo, prova a farglielo capire nel corso della lunga intervista, cinematograficamente molto canonica (presentata in anteprima al Biografilm Festival di Bologna 2019), poco più di uno special televisivo grazie al quale, tramite documenti e filmati di repertorio, possiamo ripercorrere e ricostruire un momento cruciale della nostra storia recente, momento in cui il mondo si è trovato davvero ad un bivio e, col senno di poi possiamo dirlo, il mondo ha imboccato la strada sbagliata. Ma Gorbaciov sembra ormai distante, sembra un uomo ormai lontano, perso nei suoi pensieri dove ha sepolto la sua vita passata, l'eredità che lascerà ai posteri non sembra nemmeno riguardarlo. Non è infatti lì per convincere, ribadire, asseverare, per riabilitarsi o sostenere la bontà delle sua azioni a fronte della cattiveria di quelle di altri. La battaglia è stata persa, punto. Cosa è stato dopo, chi ha avuto ragione o torto, quale sia stato il prezzo da pagare per aver finto di non capire, non ha importanza. Sembra lì solo in attesa per poter chiudere i conti con la su avita terrena e riabbracciare, altrove, le persone che gli sono state care. "Cosa vorrebbe che ci fosse scritto sulla sua tomba", gli chiede Herzog alla fine. Gorbaciov ci pensa e poi risponde: "Ci abbiamo provato". (La recensione del film "Herzog incontra Gorbaciov" è di Mirko Nottoli)
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