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Hates House at the end of the Street recensione] - Ogni star che si rispetti, ha il suo scheletro nell'armadio. Nel caso di Jennifer Lawrence, fresca di Oscar per Il lato positivo, l'ossuta incongruenza è rappresentata da questo horror medio-piccolo del 2012, firmato Mark Tonderai. Tutto sommato, Hates - House at the End of the Street, è uno scivolone perdonabile se paragonato ad altre e più celebri derive (vedi, solo per citarne alcune, Halle Barry con Catwoman, Hilary Swank con L'intrigo della collana e Nicole Kidman con Io sono Sean). Ma resta il fatto che la giovane rivelazione degli Academy Awards 2013, così abile a duettare con Bradley Cooper in una delicata e profonda dissertazione sulle ambiguità della psiche umana, in questo thriller boschivo tutto segreti e botole nascoste finisce per svilirsi un pò. La trama di Hates è al di là di ogni colpo di scena: Elissa e sua madre, alle prese con un rapporto quanto mai difficile, si trasferiscono nel più ortodosso degli scenari horror: la casa accanto a quella in cui, anni addietro, una ragazzina trucidò i propri genitori, per poi sparire nel nulla. In rappresentanza del nucleo (forse) estinto, si materializza il fascinoso Ryan, che intreccia con Elissa una prevedibile love story e la trascina in una giostra infernale di rievocazioni e scoperte postume. Non privo di una sua snellezza e agilità narrativa, il film di Tonderai abbraccia e cavalca una serie improponibile di clichè da cinespavento: dal profluvio di voci e scricchiolii notturni negli angoli bui della casa, alle apparizioni shock di una sorella rediviva dipinta secondo canoni stantii, più simile a uno yurei (fantasma) trasfigurato dall'estetica orrifica del cinema orientale che a un'omicida in carne e ossa. Tante (troppe) le falle di questo progetto: al di là dell'onesta d'intenti, che si può riassumere nella volontà di fare semplicemente paura ricorrendo ad espediente classici, Hates non aggiunge nulla di memorabile all'affollata casistica di situazioni horror che il cinema odierno sforna fin troppo generosamente. La bravura della Lawrence e della veterana Elizabeth Shue, calata con convinzione nel ruolo della madre assente, non bastano a sciogliere i dubbi sulla necessità di proporre l'ennesima ghost story a un pubblico affamato di novità.
Evitabile, senza rimpianti.
(La recensione del film "
Hates House at the end of the Street" è di
Elisa Lorenzini)
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