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GOOD KILL - RECENSIONE

Good Kill recensione
Recensione

di Giulia Mazza
[Good Kill recensione] - Dai cieli dell'Iraq al deserto del Nevada. È la parabola del maggiore Tommy Egan (Ethan Hawke), pilota pluridecorato che ha messo in garage gli F-16 e ora guida droni tramite un joystick non molto diverso da quelli usati nei videogiochi. Peccato che le bombe esplose siano vere, così come gli obiettivi che saltano in aria in Afghanistan. "Good Kill", ultima fatica di Andrew Niccol ("Gattaca", "S1mone", ma soprattutto "The Truman Show" come sceneggiatore), è un'altra (l'ennesima) pellicola americana che prova a raccontare la guerra ai giorni nostri. In questo caso, portando sul grande schermo questo nuovo "modo" di combattere: in remoto, chiusi per dodici ore al giorno in cubicoli dotati di aria condizionata, guardando morire nemici a migliaia di chilometri di distanza. Un conflitto straniante prima ancora che disumano, che annullando la presenza fisica cerca di portare a casa risultati secondo la teoria del massimo rendimento con il minimo sforzo. Eppure il protagonista sembra colpito da uno stress post traumatico a tutti gli effetti: insoddisfatto sul lavoro, che affronta come un robot senza sentimenti, e insoddisfatto quando torna a casa da moglie e figli. La testa è "tra le nuvole" perché il conflitto interiore non è tanto se sia giusto o sbagliato quello che sta facendo l'esercito americano – stanno forse creando più terroristi, anziché portare la pace? – ma come fare a tornare a volare di nuovo. Continuare a uccidere, insomma, ma almeno tornando ad avere paura e mettendoci la faccia. Presentato al Festival di Venezia nel 2014, il film di Niccol non prende una posizione sul tema. Non è né una propaganda aperta all'esercito americano, né una condanna netta a una guerra che gronda sangue e contraddizioni da più punti di vista. "Good kill" cerca di raccontare la schizofrenia di un conflitto combattuto in absentia, grazie anche al volto impotentemente attonito che Hawke regala al suo Tommy Egan. Eppure, finisce con il perdersi in un bicchiere d'acqua, dipingendo la dimensione privata del protagonista in modo piatto. L'escalation del dramma familiare tra il maggiore e sua moglie (interpretata da January Jones, la mitica Betty Draper di "Mad Men") poggia su sabbie mobili, finendo per far impantanare tutto il film anziché regalargli basi più solide. Peccato. (La recensione del film "Good Kill" è di Giulia Mazza)
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