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Gloria Mundi recensione] - Ogni nascita è Gloria Mundi. La fatica di venire alla luce è quella della piccola Gloria, la fatica di vivere è quella di Mathilda, la madre, e Nicolas, il padre.
Mathilda, Anais Demoustier, è in prova come commessa in un grande magazzino, Nicolas, Robinson Stévenin, tenta di fare l'autista, in proprio, Mathilda era molto piccola quando suo padre, Daniel, Gérard Meylan, è stato arrestato per omicidio e condannato a venti anni di prigione perciò è stata cresciuta da sua madre Sylvie, la credibilissima Ariane Ascaride e dal secondo marito di lei, Richard, Jean Pierre Darroussin, con il quale ha dato una sorellastra a Mathilda, Aurore, Lola Naymark. Daniel, è in prigione da molto tempo, e solo negli ultimi mesi di detenzione, riceve notizie dalla sua ex moglie: è nata Gloria, la piccola nipotina. Per Daniel sembra riaprirsi una breccia di luce nel buio nel quale è stato immerso fino ad allora. Pochi mesi e la pena è scontata del tutto: esce di prigione con uno scopo che si chiama Gloria. Guédiguian ritorna con Gloria Mundi sui temi sociali a lui molto cari. Se in La casa sul mare 2017, metteva a nudo la mentalità contemporanea priva di una coscienza politica e sociale di fronte al dramma della migrazione con Gloria Mundi mostra una società che uccide la dignità della persona. La sicurezza delle relazioni affettive è messa in dubbio, tradita dall'ebbrezza di una vana gloria. Invece, Gloria, creatura appena nata, viene sbalzata a una babysitter il cui solo interesse è quello economico: nessuna empatia pedagogica, nessuna sorriso. I bambini che gli affidano sono ignari spettatori di una tv spazzatura alla quale la giovane babysitter è affezionata. Aurore, la sorellastra di Mathilda, cinica e provocatoria, non esita neppure un attimo di fronte alla tentazione di riprendere la sua intimità con Bruno, il suo compagno, e metterla in vendita, in rete. D'altra parte Aurore e Bruno hanno un negozio di suppellettili usati che riscattano al bisogno della povera gente di pochi euro in contante. La possibilità di un guadagno facile a scapito della povertà altrui non frena la coppia, poi a sperperare il denaro nella polvere bianca, garanzia di un'ebbrezza effimera. Non ci sono valori, né leggi, né morale, neppure per Mathilda che asseconda il suo istinto sessuale nei confronti di Bruno, il cognato, mentre Nicolas, il marito sempliciotto, ignaro dei continui tradimenti, è disposto a tutto pur di dimostrarsi all'altezza di essere padre e marito. Il suo è l'unico tentativo di umanità possibile, l'unico che sembra accorgersi della piccola Gloria, che tenta di prendersene cura come ne è capace. Per questo, Nicolas è il più fragile: quello a cui viene rotto un braccio, che perde il lavoro, la macchina e anche la certezza di essere almeno voluto, prima che amato, da Mathilda. Questo è il mondo che Daniel scopre in pochi giorni. Tutto è caotico fuori: per le strade, nei negozi, al motel dove ha affittato una camera, non più grande della sua cella di provenienza. Nonostante l'invidia iniziale che comunica al marito della sua ex: avete un lavoro, una casa, una famiglia, dice, si accorge di una società di esiliati, emarginati. La città altro non è che una periferia esistenziale nella quale il primo bisogno è quello di un ordine, fosse anche quello primordiale dove i ruoli erano ben strutturati e divisi tra agricoltori e pastori. Guédiguian spinge il pedale accelerando troppo sul canovaccio della sceneggiatura, firmata con Serge Valletti. Spesso è prevedibile e scontata: la riabilitazione di Daniel attraverso la piccola Gloria, con la quale, però, non si avverte nessun legame affettivo, empatico, ma solo apparente e formale; senza un crescendo di pathos, Sylvie, si racconta a un'estranea facendo leva su clichè anch'essi prevedibili: per sopravvivere si è venduta, dice, ha mendicato; e per finire anche il sacrificio di Daniel anticipato dai suoi haiku malinconici. Per quanto il tema proposto sia, ancora una volta interessante, se non necessario a stimolare la domanda di quale società si stia creando con l'eccesso di capitalismo e consumismo, e per quanto bravi gli attori, amici con i quali Guédiguian collabora da anni, Gloria Mundi sembra monco di originalità e brillantezza al punto da far pensare che, privando il film di quelle battute a un passo dalla didascalia, possa diventare davvero più Gloria Mundi.
(La recensione del film "
Gloria Mundi" è di
Rita Ricucci)
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